sabato 25 settembre 2021

 CINZIA BALDAZZI – Premio alla Carriera da Segnalazioni Letterarie

  




Il 24 settembre a Roma, presso il bar Pinguino Goloso – crocevia di svago e cultura del territorio tra Nomentano e Talenti – Alberto Raffaelli e il gruppo Segnalazioni Letterarie mi hanno assegnato un premio alla Carriera per l’«intensa attività culturale».

Ho ascoltato parole lusinghiere da Riccardo Evangelista, da Andrea Lepone, e naturalmente da Alberto Raffaelli, anima del gruppo Facebook con oltre ottomila membri. Li ringrazio sinceramente, così come le amiche e gli amici che hanno voluto essere presenti.

Qui di seguito riporto il testo dell’intervento che ho esposto durante l’incontro.

 

 Il dove e il quando di ogni episodio della nostra vita sono significativi e contribuiscono in gran parte a custodirne il valore. Ecco perché, onorata di ricevere un riconoscimento alla carriera da Segnalazioni Letterarie, debbo ammettere che - non essendo esattamente un’esordiente - pur avendo ottenuto vari encomi durante festival e concorsi, in teatri e caffè letterari, accade per la prima volta all’interno di un bar, ossia di uno spazio ricreativo per eccellenza.

Era però scritto nella mia storia. Sarebbe dovuto succedere poiché per circa un anno, in epoca anteriore al lockdown, ho partecipato agli eventi realizzati da Andrea Lepone dal titolo “Poesia Gourmet Itinerante”. Con Andrea, abbiamo condotto poetesse e poeti a leggere i loro componimenti proprio nei bar, nei bistró, nei pub, nelle discoteche, persino in una sala da bowling. Lo scopo era di allargare il messaggio culturale ai luoghi dedicati al ristoro e al divertimento, per far apprezzare la bella pagina di un romanzo o dei versi commoventi in un contesto di svago eterogeneo.

Insomma, in qualche modo, qui mi sento a casa. Doppiamente, perché sentirsi a casa comprende al momento, per me, altri due ordini di riferimento.

Risiedo con la famiglia in questo quartiere, a Montesacro, da quasi vent’anni, ma soprattutto sono cresciuta qui, nell’appartamento con giardino dei genitori tra piazzale Jonio e i Prati Fiscali. Inoltre, a poche centinaia di metri da qui, dopo il prato in fondo a questa strada, si trova la mia scuola, il liceo classico Orazio. Lo raggiungevo a piedi da piazzale Jonio perché non era stato ancora avviato il servizio di autobus: il mitico 391, ora 69, fu inaugurato nella primavera dell’anno in cui mi sono diplomata, il 1974. A quel punto, non mi serviva più.

A dire il vero, per molto tempo ho sofferto di non aver frequentato una scuola “storica” di Roma, come il Tasso, il Visconti, il Dante. Poi ho capito che non mi era andata così male, nonostante la periferia, perché ho avuto insegnanti per l’epoca veramente “progressivi”.

 Il professore di filosofia, Marcello Vigli, alla mia classe numerosa, un po’ aggravata dalla dottrina di Kant, Hegel e Kierkegaard, parlando dei nostri studi futuri (ricordate che in quegli anni l’università era già diventata di massa), diceva:  

Studiate, ragazzi, fatelo con impegno poiché, quando andrete all’università, i vostri genitori pagheranno le tasse di immatricolazione e quelle annuali, ma moltissimi altri genitori, i cui figli però non avranno mai messo piede negli atenei, finanzieranno egualmente le università attraverso le imposte dirette. 

Da quel giorno ho sempre pensato a loro, figli e genitori, proponendomi di farli entrare comunque a contatto con informazioni culturali utili a vivere meglio, a districarsi nelle empasse quotidiane. La cultura non è una bacchetta magica, ma può aiutare.

Segnalazioni Letterarie mi ha voluto assegnare una nota di merito alla carriera, ovvero una gratificazione importante per tutti. Ma nel mio caso può sorgere un quesito: di quale carriera parliamo? Qual è l’attività per cui vengo premiata?

Scrivo da sempre, da studentessa, poi giornalista, consulente della RAI, critico. Ho pubblicato libri, collaborato a concorsi nel ruolo di Presidente di Giuria, partecipato a convegni, tenuto seminari. La scrittura ha costituito per me l’impegno principale, dai copioni che affidavo personalmente nelle mani di Raffaella Carrà e di Pippo Baudo, alle recensioni consegnate al mio caporedattore Maurizio Liverani il quale per molti anni mi ha inviato nei teatri romani e nei festival in tutta Italia. Era però un rapporto (anche se denso di responsabilità) sempre mediato, privo del contatto diretto con chi avrebbe letto i miei scritti.


L’assetto dell’industria culturale, soprattutto editoriale, ha fatto sì che moltissimi scrittori e scrittrici dovessero autofinanziare le proprie opere e soprattutto auto-promuoverle. È in questo campo - non esattamente di pertinenza della scrittura - che sono intervenuta: facendo conoscere personaggi esordienti e non, presentando sillogi poetiche, romanzi e racconti, organizzando incontri tra autori, coordinando reading sia dal vivo sia online, curando l’edizione di libri di prosa e poesia. 

Quindi ho accolto con enorme gioia che Alberto Raffaelli, con la motivazione di questo premio, abbia centrato il cuore del lavoro svolto, ossia l’opera di diffusione della letteratura della quale, del resto, io e tanti nati negli anni Cinquanta, da giovanissimi - non dimentichiamolo - siamo stati tra i primi a godere.

Per noi intellettuali, lo ritengo un dovere prioritario. Da adempiere, però, all’interno dei cambiamenti che hanno coinvolto il mondo della cultura, non per forza migliorativi. Alludo alle correnti di pensiero finalizzate a ridurre l’apporto del passato, ad appiattire azioni e giudizi sul presente, sulla dimensione dell’attualità.

Qualcuno, non ricordo chi, ha scritto: 

Gli artisti spazzano via la polvere dalla vita degli uomini, ma perché accada l’arte deve essere continua ricerca. Bisogna studiare, attingere dal passato e modellare il sentimento, le emozioni e il gusto del presente. 

Senza gerarchie, siamo chiamati tutti ad assolvere un tale compito: il cittadino e il politico, l’allievo e il docente, il poeta e il saggista. Ognuno, nella propria sfera di competenza, ha un cospicuo lavoro da portare a termine.

Questo premio alla carriera vorrei divenisse, per me e per voi, amiche e amici, il simbolo di una cultura in crescita che al contempo, tuttavia, è capace di non dimenticare.

Per concludere, alcuni di voi suppongo si chiederebbero cosa mi sia mai successo visto che non ho ancora citato, almeno una volta, uno dei padri ispirativi della critica ai quali sono fedelissima.

Bene, lo farò scegliendo un brano tratto dal volume che accompagnò l’esame di maturità nel lontano 1974 nel mio liceo Orazio. Scuola allora isolata, in una traversa di via Romagnoli, in mezzo ai prati: dalle finestre della classe vedevamo pascolare greggi di pecore. Oggi gli studenti vedono passare i cinghiali, ma non è la stessa cosa.

Lo studioso che voglio ricordare è Angelo Marchese, caposcuola in Italia dell’approccio strutturalista, e il suo libro, all’avanguardia, era intitolato Le strutture della critica letteraria. Me lo aveva consigliato la giovane insegnante di italiano Marina Piagnani, credo ancora residente in via Luigi Capuana. Insomma, ho frequentato un liceo che era, a tutti gli effetti, decentrato: nondimeno, lo scambio di notizie culturali ricevuto è stato all’avanguardia come nei grandi istituti della Capitale.

Cosa scriveva Angelo Marchese?

 Il messaggio artistico nasce sempre in un ben preciso contesto storico, individuabile sia nelle sue componenti socio-politiche sia in quelle letterarie e culturali. La caratterizzazione critica di una data opera, dunque, comporta lo studio della sua genesi, della sua nascita in un momento determinato della storia, all’incrocio di tendenze strutturali, di oggettivi problemi sociali, e di specifiche tendenze culturali, di problemi, cioè, che riflettono il travaglio etico e umano di un’intera età. 

Per difendere il libero sviluppo dell’arte, quindi, non rimane che curare l’organizzazione sociale e la vita oggettiva, quotidiana, della gente. Sarà uno degli incarichi della nuova amministrazione, nei singoli municipi e nell’intera città. Anche a loro, rappresentati qui da Riccardo Evangelista, invio il mio saluto. 

Grazie di cuore a tutti.