Il
n. 23 (giugno 2017) della rivista digitale “Euterpe”, diretta da Lorenzo
Spurio, è stato dedicato al tema “La scrittura teatrale e i suoi interpreti”. A
misurarsi sul tema sono stati chiamati, come di consueto, poeti, autori di
racconti, saggisti, giornalisti. Riporto qui di seguito il mio contributo, ricordando che la rivista può essere letta e scaricata in formato pdf collegandosi a
http://rivista-euterpe.blogspot.it/#!/2017/06/e-uscito-euterpe-n23-la-scrittura.html
Rammento, inoltre, che il tema del prossimo numero della rivista è “La cultura ai tempi dei social networks”.
Rammento, inoltre, che il tema del prossimo numero della rivista è “La cultura ai tempi dei social networks”.
Il
filo rosso della tragedia antica:
Elettra e Antigone nel teatro moderno.
Elettra e Antigone nel teatro moderno.
di Cinzia Baldazzi
Io credo che la sperimentazione e il laboratorio
siano fondamentali, però non credo, e non ho mai
pensato,
che Nono o Berio o Benedetti Michelangeli
facciano un concerto di come loro stanno preparando
un’invenzione estetica. Secondo me il laboratorio è
necessario
e può diventare oggetto di lezione se si trasforma in
scuola.
Romolo
Valli, 1980
E
già, il teatro: suggestivo e millenario manifestarsi artistico di umanità, di
gioia e dolore, dubbio e pensiero, trae origine - è noto - dalle cerimonie
religiose dedicate al prestigioso e seducente Dioniso, divinità della linfa
vitale della natura, del vino, dell’estasi e della pura dimensione istintiva. Nel
VI secolo a.C., nel culto delle quattro feste dionisiache, venivano intonati motivi
denominati “canti del capro”, in greco τράγο, da cui deriva la “tragedia”,
τραγωδία: infatti, proprio le sembianze di questo animale sembra il Dio assumesse
fuggendo in Egitto per eludere l’attacco di Tifone all’Olimpo. Chissà se, per semplice
coincidenza o “affinità elettive”, Romolo Valli debuttò dinanzi al pubblico quando,
lo racconta Guido Davico Bonino, «nel 1938 vince, come tenore adolescente, gli
Agonali», competizioni riprese dall’antichità romana in cui il rito centrale
consisteva nel sacrificio di un montone. Il grande attore esordirà poi
“ufficialmente” il 23 maggio 1942, con i compagni allievi della scuola di
recitazione del liceo - lo Spallanzani di Reggio Emilia - nei panni di Anselmo
Terrazzani, il protagonista de La
famiglia dell’antiquario di Goldoni. 1
Nella
drammaturgia occidentale del ‘900, in effetti, tra il ’25 e il ’56 primeggia un’atmosfera
di enormi cambiamenti, con l’instaurarsi di caratteristiche fondamentali tra le
quali il recupero dell’aspetto arcaico a lato del sorgere del cosiddetto teatro moderno (ad oggi, sebbene revisionato,
attualissimo e, in certa misura, ancora d’avanguardia). Aveva avuto luogo, nel
tardo Ottocento, il mutamento architettonico e scenografico di sale, laboratori
e accademie, condizione dell’inserimento di una simile forma d’arte
nell’attività di massa: l’Espressionismo e il Futurismo in Germania e Russia,
il Surrealismo, il Teatro della Crudeltà del francese Antonin Artaud.
Spinto
da una sofferta meraviglia per la fisicità ritualizzata e codificata della
danza tipica della civiltà dell’indonesiana isola di Bali, dichiarava Artaud:
Dal
dedalo di gesti, atteggiamenti, grida lanciate nell'aria da evoluzioni e
giravolte che non lasciano inutilizzata nessuna parte dello spazio scenico, si
sprigiona il senso di un nuovo linguaggio fisico basato su segni e non più su
parole. 2
In
Inghilterra, all’interno di una feconda poetica, George Bernard Shaw, irlandese
di nascita, affermava nel 1903:
L'uomo
ragionevole si adatta al mondo. L'uomo irragionevole insiste nel cercare di
adattare il mondo a sé. Quindi tutto il progresso dipende dall'uomo
irragionevole. 3
Dunque,
le metamorfosi sul palco e sulla ribalta, dalla sua epoca in poi, si uniformano
a una singolare tensione di scambio tra l’indole umana, la società, l’ambiente.
All’interno
di un simile “ponte” lanciato à rebours,
indietro nella notte dei tempi, medesimo appare il tentativo compiuto negli
anni ’30 da Thomas Stearns Eliot (di St. Louis, nel Missouri, ma naturalizzato
britannico), affrontando un itinerario di adattamento
interiore per mezzo dell’evocazione di una drammaturgia della “poesia”, ricorrendo
al folklore leggendario valorizzato da William Butler Yeats. Il poeta, infatti,
con la madre di provenienza celtica, è sempre stato affascinato - nel
misticismo allora in voga - dal Ciclo dei Fionn, uno dei grandi epos mitici
irlandesi.
Le attrici Alla Nazimova e Alice Brady in Il lutto si addice ad Elettra (1931)
Oltreoceano,
negli Stati Uniti, si sviluppa la definitiva genesi di una “poetica tra le
quinte”, la quale, con Eugene Gladstone O’Neill - padre attore, una passione
costante per Darwin, Nietzsche, Freud e Jung - riprende l’argomento della lotta
in difesa dell’affermazione individuale sino alla disfatta: solcata da traumi
nevrotici, anime perverse e mitologia, in particolare quella dell’antica
Grecia.
Al
1931 risale Il lutto si addice ad Elettra
4, una trilogia (Ritorno, L’agguato, L’incubo) con
protagoniste Alla Nazimova (Christine) ed Alice Brady (Lavinia). La storia è
vissuta dalla famiglia di un alto ufficiale nordista durante la Guerra di Secessione
e rielabora la tragedia degli Atridi: Agamennone è ora il generale Ezra Mannon,
Clitennestra la seconda moglie Christine, Oreste il figlio Orin ed Elettra la
figlia Lavinia. In analogia alle opere originarie di Eschilo alla metà del V
sec. A. C., la tematica è orientata su omicidi, adulteri, incesti e vendette, e
l’incarico del Coro è assunto da un insieme di cittadini.
Se
nelle trame-intreccio autentiche il ruolo di guidare le vicende spettava al Fato
(la Τύχη), qui sono articolate in base ai risultati della recentissima teoria
psicoanalitica. Diventa quindi urgente, per decifrare gli eventi così
raffigurati, accettare il consiglio del semiologo lituano Algirdas J. Greimas
circa il modo di intendere, attraverso i significanti
creati (o, meglio, allestiti in scena), i loro significati:
Indicheremo
con il termine significante gli
elementi o gruppi di elementi che rendono possibile l’apparire della
significazione al livello della percezione, e che, per ciò stesso, sono
riconosciuti come esterni all’uomo. 5
Riguardo
al contenuto, lo accoglieremo dove «saranno indicate “la” o “le” significazioni
di cui si riveste il significante e che si rivelano grazie all’esistenza di
quest’ultimo». Soprattutto, però, conclude lo studioso,
sarà
possibile riconoscere qualcosa in quanto significante, e attribuire a esso
questo nome, solo se questo qualcosa significa veramente. L’esistenza del
significante presuppone dunque l’esistenza del significato. 6
Un
impulso ideologico e ideativo di simile qualità, ritengo sia importante, anzi prioritario,
nel comprendere la mise en scène
moderna, persino dopo, quando negli anni ’50 (ancora in Francia) si espande il
“Teatro dell’Assurdo” (il caposcuola era stato Alfred Jarry, con il celebre Ubu re del 1893), mentre in Germania Est
con il Berliner Ensemble è ormai istituzionalizzato il Teatro Epico di Bertolt Brecht.
Lo studioso Algirdas J. Greimas
In
esempi del genere, nel legame tra segno e
segnale della scrittura (o il
corrispondente in scena) e il contenuto,
come mai è essenziale la presenza attiva del significato emerso: individuabile
e oggetto di verifica per lo spettatore o destinatario. Volendo sostare nelle
tappe del lungo viaggio della tradizione antica e classica, pensiamo - nell’ambito
di superare le suggestioni espressionistiche dove lo scopo non è procurare
emotività, ma riflessioni - all’Antigone
di Sofocle, rivisitata appunto da Brecht. 7 L’autore, cresciuto ad
Augusta, in Baviera, temendo che la concretezza del messaggio trasmesso dall’opera
non fosse abbastanza esplicito,
concentrandosi sulla tragica esperienza subìta dai protagonisti della Resistenza
tedesca, confessava:
Tanto
più ci addolorava di non poter scrivere, in tale occasione, il loro poema, né
il fatto che qui non si trattasse di loro poteva riuscir chiaro a chiunque; e
soltanto quelli cui risultava chiaro avrebbero usato la dose di distacco
necessaria; affinché ciò che mette conto di vedere nell’Antigone - cioè la funzione della violenza al momento del crollo
dell’autorità statale - potesse essere visto con utilità. 8
La
complessità nel raggiungere l’obiettivo desiderato è anche ingigantita dalla
matrice ispirativa del copione, contraria a ogni tentativo di immedesimarsi e sostituito
dal “V-effect”, il Verfremdung, ossia
lo straniamento, provocato
dall’animare personaggi capaci di lanciare al pubblico, di continuo, richiami
diretti. È l’«uomo irragionevole» di Shaw, il quale, varcando lo spazio tra palco
e platea, cerca di «adattare il mondo a sé».
Essendo
il mito un dato antistorico, combinando
le tessere eterne dell’umanità, cogliendolo, può accadere sia difficile trovarsi nei suoi caratteri primigeni: e,
accanto, il commediografo è tormentato dal pericolo di impiegare un codice
comunicativo ormai “occupato” dal nemico. Allineandosi ai regimi totalitari, il
nazismo aveva saputo invadere pure il campo dello stile (in lessico e sintassi)
della letteratura contemporanea, incluso il discorso
teatrale: non a caso numerosi intellettuali ebrei tedeschi, nel comporre, non
adottavano la lingua madre. Ecco, allora, il ritorno dei classici “non contaminati”,
in particolare Johann Christian F. Hölderlin, la cui traduzione di Antigone piacque a Brecht per precisi toni
aspri ma avulsi da pesanti retoriche di riferimento.
Il debutto di Antigone di Bertolt Brecht (1948)
Il
tema acquisito sembrava perfetto: la guerra, la necessità di seppellire pietosamente
i morti. Certo, un mero rievocare non era esaustivo: ben presto avverte l’impegno
di trasformarlo in attualità. Nel prologo campeggia la scritta “Berlino 1945” e
nel preludio appaiono due sorelle e una Schutz-staffeln (SS). Gli unici
personaggi aggiunti sono le ancelle, a riprova dell’interesse brechtiano per questa
“categoria”: era opportuno «sperimentare su un testo antico non tanto una nuova
drammaturgia, quanto un nuovo genere di recitazione». 9 Di sicuro,
la semplice proposta di consegnare ai teatri «un modello vincolante per la
messinscena, consistente in una serie di fotografie corredate da note
esemplificative», 10 conteneva una forte sfida anche agli attori, in
un’epoca in cui gli applausi erano invece indirizzati all’“originale”, al “mai
visto”, all’”incomparabile”.
Sul
palco, al centro, sono le protagoniste contrapposte tra loro: Antigone fa
domande, Ismene le evita. Chissà perché si determina, all’improvviso, un climax di fame, e diviene tangibile il mutismo
di tanti connazionali verso la persecuzione degli altri (la comunità ebraica). Le
battute seguono un narrare anomalo, a volte con “plurali” immotivati e
sorprendenti: le frasi sembrano rielaborate per rispondere, in via ipotetica,
al monito di Greimas di potenziare, innanzitutto, un nome, un segnale, il quale
implichi, in vero, l’associarsi a un senso
effettivo.
Nell’area
semantica appassionante dei “novecenteschi” Eteocle e Polinice, non fratricidi -
il secondo è un disertore assassinato dallo zio sovrano di Tebe, alter-ego utopico
di Hitler - l’efficacia del significante «presume dunque l’esistenza del
significato»: vale a dire, l’emergere figurato di distinte “trincee” belliche,
oltre quella arcaica di Creonte e del re di Argo, dove solo alcuni lottano da
partigiani e molti disertano (scelta spesso non circondata da grande credito,
ma a suo modo “recuperata” da Brecht). Qui agisce il riedificare simbolico di tali
soggetti come emblema della Resistenza: Polinice, non meritando sepoltura
poiché traditore, è quindi anche un testimone di ribellione. Creonte esalta i
conflitti tramite stilemi aulici dotando di spirito, tra le quinte, il “rimosso”
generalizzato di paurosi e odiati schemi logico-intuitivi: «Fa riferimento alla
rimozione collettiva», spiega Federica Maltese, «il tentativo di guardare
avanti cercando di dimenticare più in fretta possibile il passato, soprattutto
nella Germania Ovest». 11
Le
battaglie sono lodate, pensando a Sofocle, ma si sviluppa una vena di volgarità,
tramutata in atteggiamenti inquisitori usando in Creonte termini tipici della
Gestapo. Nelle metafore, metonimie e allegorie di una teatralità del genere,
mentre allude in misura costante al nazismo, innesca il recupero in progress di
una eccelsa dimensione poetica, holderliniana, sorta in uno scambio di influssi
“buoni”. In conclusione del dramma, Eteocle è schiacciato dai cavalli, Polinice,
inorridito, fugge ed è giustiziato. Il messaggio realistico sarebbe: Hitler-Creonte
ha ucciso la gioventù.
Suggerisce
Brecht, collegando d’un balzo la sua Antigone
ai primordi della tragedia antica:
Il
rapporto dell’attore con il suo pubblico dovrebbe essere il più libero e
diretto possibile. Al riguardo non fa differenza se la comunicazione e
rappresentazione ha luogo in mezzo al pubblico, su una strada o in una stanza,
oppure sulla scena, su questo assito circoscritto, riservato alle comunicazioni
e alle rappresentazioni. 12
NOTE
1
Romolo
Valli, Ritratto d’attore, a cura di
Guido Davico Bonino, Milano, Il Saggiatore, 1983, p. 13
2
Antonin
Artaud, Sul teatro Balinese, in Il teatro e il suo doppio, Einaudi,
Torino 2000 (trad. Ettore Capriolo)
3
George
Bernard Shaw, Uomo e superuomo, Milano,
Edizioni Ghibli, 2016
4
Eugene
Gladstone O’Neill, Il lutto si addice ad
Elettra, Torino, Einaudi,1974 (trad. Bruno Fonzi)
5
Algirdas
Julien Greimas, La semantica strutturale,
Milano, Rizzoli, 1968, p. 11 (trad. Italo Sordi)
6
Ibidem
7
Sofocle, Jean Anouilh, Bertolt Brecht, Antigone. Variazioni sul mito, a cura di Maria Grazia Ciani, Venezia, Marsilio,
2004 (trad. A. Rodighiero, M.Carpitella)
8
Bertolt
Brecht, Prefazione al «Modello per l’Antigone
1948», in Scritti teatrali. III. Note
ai drammi e alle regie, Torino, Einaudi, 1962, p. 238
9
Bertolt
Brecht, Prefazione, cit., p. 239
10
Ibidem
11
Federica
Maltese, appunti su Il mito di Antigone,
Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere
12
Bertolt
Brecht, Rapporto dell’attore col suo
pubblico, in Scritti teatrali. I.
Teoria e tecnica dello spettacolo. 1918-1942, Torino, Einaudi, 1962, p. 208
Rivista di
Letteratura Euterpe
ISSN: 2280-8108
N°23 - giugno 2017
“La scrittura teatrale
e i suoi interpreti”
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