Rosanna CAVAZZI – “La
donna della sua vita”
(racconto breve)
Ogni sera, alle 18.00 in
punto, il ragionier Monti sistemava le scartoffie sulla sua scrivania, chiudeva
a chiave il suo cassetto e, dopo una rapida corsa ai bagni della ditta in cui
lavorava, lasciava in fretta e furia il grande caseggiato e si precipitava alla
fermata dell’autobus numero 23 che saliva in collina, direzione nord ovest.
Ogni sera, sempre alle 18.00
in punto, Eleonora salutava le compagne della sartoria in cui lavorava e, dopo
essersi tolta il grembiule, si dava una rassettata ai capelli, si metteva un
filo di rossetto e si precipitava, con grande fatica perché era claudicante,
alla fermata dell’autobus numero 23 che scendeva verso il centro, direzione sud
est.
Ogni sera, alle 18.10, lui da
un lato della strada e lei dall’altro lato, si guardavano sospirando, ma
nessuno dei due osava fare il primo passo. C’era una strada che li divideva.
Lui la guardava e intimamente
le parlava, le raccontava della sua giornata e lei lo ascoltava paziente. Lei pensava
di non avere mai visto niente di più bello: i gesti lenti della sua mano che
scostavano i capelli castani dalla fronte, i grandi occhi azzurri in cui ci si
poteva specchiare, il corpo snello. Una sola volta le loro strade si erano
incrociate: al supermercato del centro e in quel momento aveva appurato da
vicino quanto erano belli i suoi occhi, proprio due laghetti di montagna. Ma
anche quella volta non aveva avuto il coraggio di parlarle.
I colleghi lo deridevano per questa sua grande
passione. “Ma non vedi che è zoppa?” gli dicevano. “E poi non è affatto bella.
Che ci trovi in lei? È solo una zitella inacidita”. Ma per lui quella donna
trentenne era tutto, era la donna della sua vita. Lo bloccava la sua forte
timidezza. Immobile, le braccia conserte o stese lungo il corpo, la guardava
dall’altro lato della strada. Non un gesto, non un richiamo, non un tentativo
di stabilire un contatto, se non quello di esserci, ogni sera, alle 18.10 e
aspettare. Cosa, poi? Se sapessi, amore mio, quanto ti amo!
Lei lo guardava e ogni sera
aspettava. Vedeva due occhi verdi dietro le spesse lenti da miope con la
montatura in tartaruga, un corpo asciutto, i capelli brizzolati, la bocca
carnosa. Perché non mi parli, amore mio? Anche quella volta, al supermercato,
sei passato dritto, senza fermarti e non hai detto una parola. Com’erano verdi
i tuoi occhi, nonostante le lenti spesse! E la tua bocca, com’era invitante! Se
solo immaginassi quanto ti desidero!
Intanto i giorni passavano,
sempre uguali, lui da un lato della strada e lei dal lato opposto, senza
parlarsi, senza alcun cenno, solo a guardarsi, sospirando.
Ogni sera lui tornava a casa dalla madre e
pensava all’indomani, al momento in cui l’avrebbe rivista e ogni notte, prima
di coricarsi, ripeteva fra sé: “E se domani attraversassi la strada e le
parlassi? Sì, sì, domani lo farò”. E con questi buoni propositi si addormentava
sognandola.
L’indomani, però, arrivava e
lui non aveva il coraggio di fare il grande passo. La strada diventava un
profondo baratro che non era in grado di oltrepassare. E se lei avesse
rifiutato il suo approccio? No, questo non avrebbe potuto sopportarlo.
Poi, una sera d’inverno, mentre saliva
sull’autobus, lei lo salutò con la mano, un gesto lieve, quasi impercettibile, simile
a un addio.
Da quella sera lui non la
vide più. Con il cuore a pezzi chiese un po’ in giro, al fruttivendolo
sull’angolo, alla tavola calda dove pranzava insieme ai colleghi, all’edicola
dei giornali, ma nessuno sapeva dargli notizie precise riguardo alla
sconosciuta.
Una mattina, mentre stava
sorseggiando un caffè nel bar della signora Luisa, la donna gli disse che la
sartoria dove lavorava la giovane aveva chiuso, a causa della concorrenza dei
grandi centri commerciali, di conseguenza le dipendenti erano state costrette
ad andarsene e a trovarsi un altro posto di lavoro.
Quella sera il ragionier Monti
tornò a casa affranto, senza più speranza di ritrovare la donna amata. Mamma
Rosa, santa donna, comprese subito che era successo qualcosa al suo adorato
figlio; se ne stava in silenzio davanti al piatto di lasagne alla parmigiana
che lei amorevolmente gli aveva preparato e i suoi occhi parevano spenti.
“Figlio mio, che ti succede?” gli chiese,
addolorata. “A tua madre puoi raccontare tutto, lo sai, non farmi stare in
ansia”.
Lui si scosse dai suoi
pensieri e le raccontò ogni cosa. “Se solo fossi stato più ardito! Se solo le
avessi parlato! Se solo le avessi dichiarato il mio amore! Ma temevo un rifiuto
da parte sua e così l’ho persa per sempre”.
Mamma Rosa cercò di
rincuorarlo. “Vedrai, col tempo la dimenticherai e ti innamorerai nuovamente.
Ormai hai quasi quarant’anni! Non pensare più a questa storia romantica e trovati
qualche brava ragazza con cui mettere su famiglia. Tutte le mie amiche hanno
già dei nipoti e io invece… Ci sarebbe
Antonia, la figlia della portinaia, è una ragazza a posto, carina, educata,
insegna alle elementari. Ho notato come ti guarda quando ti incontra per
strada! Eh, a una madre non sfugge niente! E poi, ragazzo mio, diciamocela
tutta, non sono più giovane e se dovessi mancare io, chi penserà a te?”
Lui la lasciò parlare, poi
l’abbracciò, dicendole: “Tu vivrai altri cento anni, mamma, comunque vedrò di
ascoltare i tuoi preziosi consigli e qualche sera inviterò Antonia a uscire con
me per una pizza”.
“Ma io l’avevo già trovata la
donna della mia vita” pensò, con una stretta al cuore. “Se solo avessi osato,
amore mio!”
Gli anni scivolarono via
veloci, ci fu il matrimonio con Antonia, arrivarono i figli, poi i figli dei
figli e in un soffio il ragionier Monti si ritrovò settantenne al parco con i
nipoti, a dare da mangiare ai germani reali.
Fu lì che un pomeriggio
primaverile rivide la donna della sua vita. All’inizio non la riconobbe subito,
i capelli castani si erano un po’ ingrigiti e i suoi occhi azzurri avevano
perso la luce di un tempo, ma il gesto lieve della mano con cui si scostò il
ciuffo dalla fronte era rimasto lo stesso. Stava appoggiata allo steccato del
laghetto e guardava, sorridendo, le anatre che trangugiavano avidamente i pezzi
di pane che i bambini lanciavano nell’acqua.
Il ragionier Monti ebbe un
tuffo al cuore. Che fare? Avvicinarla? Dirle che non l’aveva mai dimenticata,
nonostante gli anni? Confidarle che l’aveva sempre amata e ancora adesso
fantasticava su come sarebbe stata la sua vita se solo avesse osato? Non sapeva
come agire, rimaneva lì impalato, a pochi metri da lei.
In quel momento lei si girò
verso di lui e lo guardò a lungo. Uno sguardo intenso, uno sguardo che valeva
più di mille parole. Lui fece un passo in avanti, per andarle incontro, poi,
però, si fermò. Cosa stava facendo? L’età dei sogni era passata, ormai era un
nonno, non poteva più tornare indietro.
Si sorrisero in silenzio, un
sorriso carico di parole non dette, sussurrate a fior di labbra, poi lei si
allontanò con il suo passo claudicante. Lui rimase immobile a guardarla
allontanarsi, finché non la vide più. Quel sorriso se lo sarebbe sempre portato
nel cuore, fino alla fine dei suoi giorni.
Laureata in Scienze Biologiche all’Università Statale di Milano, Rosanna
Cavazzi ha insegnato fino a qualche anno fa Matematica e Scienze nella Scuola
Secondaria di Primo Grado. Dopo la pensione si è dedicata alla sua grande
passione fin da piccola: la scrittura. Ha pubblicato otto libri: C’era una volta - Piccole storie di uomini e
animali, Favole per tutte le stagioni, Residenza delle azalee - Via dei Prati 8,
editi da Albatros di Roma. E ancora L’albero
di Giulia, La stagione dei sogni e delle rose, Angiolina - oltre l’amore, La
perseveranza del ragno, Sarai sempre nel mio cuore, tutti editi da
TraccePerLaMeta Editori di Sesto Calende. Per queste opere ha ricevuto
moltissimi premi e riconoscimenti nei vari concorsi a cui ha partecipato. La donna della sua vita ha ottenuto il terzo
posto all’edizione 2018 di “Incrociamo le penne”.
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