sabato 11 giugno 2022

Cinzia BALDAZZI - ”When Poetry Whispers to the Soul” di Barbu, Fuselli, Ercole 



 

Laura Barbu, Paola Ercole, Anna Fuselli

When Poetry Whispers to the Soul

Il sospiro dell’anima

 

Prefazione di Cinzia Baldazzi

Traduzione di Antonello Di Carlo

 

Roma, Officine Culturali Romane, 2022

pp. 172, € 15,00 

 

   La collaborazione ormai pluriennale nel campo della poesia tra Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli ha di recente prodotto un’antologia bilingue, con testi a fronte italiano-inglese: When Poetry Whispers to the Soul / Il sospiro dell’anima allinea diciotto componimenti della Barbu, ventuno della Ercole e venti della Fuselli, nella traduzione di Antonello Di Carlo.

   Lo scritto che segue intende presentarsi come una sorta di testimonianza informativa ed esegetica “dall’interno”, poiché, come insegna la semiotica, la scelta dei codici adottati, non solo nei messaggi letterari, ne indirizza in qualche modo anche il campo informativo del contenuto: infatti, io stessa mi sono occupata, nel libro, di elaborare brevi note critiche a ciascuna delle tre sezioni oltre a una breve prefazione a carattere generale, adatta a una trasmissione bilingue che interessasse un destinatario anglofono.

   In questa sede ho ritenuto opportuno - a preservare l’idea di partenza del volume - riportare nella traduzione inglese sia alcuni stralci dai miei brani critici sia i testi delle poetesse, mentre per le sintetiche righe di collegamento ho scelto la lingua italiana. 



   Il libro si presenta dopo vari anni di collaborazioni incrociate nell’aura delle raccolte poetiche: I sorsi del gabbiano (2017) e Il fiore del vento (2019) di Marianna Francolini e Paola Ercole, Vicoli (2018) di Anna Fuselli e Paola Ercole, Raccontami (2020) e Sporche d’inchiostro (2021) di Laura Barbu, Paola Ercole, Marianna Francolini e Anna Fuselli.

   When Poetry Whispers to the Soul / Il sospiro dell’anima (2022) formalizza una siffatta condivisione nel brano conclusivo scritto “a sei mani”, dove ogni autrice ha proseguito i versi dell’altra, in una sorta di scrittura collettiva realizzata in contributi tra loro consequenziali.

 

THE SILENCE OF THE ROSE

by Laura & Anna & Paola

 

The roses die in silence

one by one, the petals wither,

like the days that arrive at sunset.

My hands grip the thorns,

the last memory,

and words are not enough.

Memory deceives reality,

I live the illusion

to be a preserved flower,

between the pages

of an unread book. (L.B.)

And will come the day when

someone will open that virgin book

with leaves through its pages

and he will look for the meaning

of the words,

scribbles around an appearance,

an unreal idea...

and he will find

that forgotten flower,

a reminder of the illusion

of a color he has never tasted. (A.F.)

That book spoke to me

of never forgotten thoughts

and time in love,

which sweetened all words.

I read his story

and love has worked its magic:

it has given new life to that rose...

I have kissed its thorns

to caress you again. (P.E.)

 

IL SILENZIO DELLA ROSA

Laura & Anna & Paola

 

Le rose muoiono in silenzio,

uno per uno i petali sbiadiscono

come le giornate arrivate al tramonto.

Le mie mani stringono le spine,

l’ultimo ricordo;

e le parole non bastano.

La memoria inganna la realtà,

vivo l’illusione

di essere un fiore conservato

fra le pagine di un libro mai letto. (L.B.)

E verrà il giorno in cui

qualcuno aprirà quel libro vergine,

ne sfoglierà le pagine

e cercherà il senso delle parole,

scarabocchi intorno ad una apparenza,

ad un’idea irreale.

... e troverà quel fiore dimenticato,

ricordo dell’illusione di un colore

mai assaporato. (A.F.)

Quel libro mi ha parlato

di pensieri mai dimenticati

e del tempo innamorato

che ha addolcito tutte le parole.

Ho letto la sua storia

e l’amore ha compiuto la sua magia:

ha dato nuova vita a quella rosa...

io ho baciato le sue spine

per accarezzarti ancora. (P.E.)

 


 

Started by Barbu, developed by Fuselli, concluded by Er­cole, the poem The silence of the rose is in this sense exem­plary, succeeding in activating the evocations allowed by the lexical choices, and in dragging with it the thought at each “jump”, at each change of author, to build a plot, a series of connections starting from the absence of any constraint. But above all, in the life-death-life cycle of a flower – wilted, dried, preserved, forgotten, rediscovered, relived – the preciousness of a poetic word understood as a reparation for the frustra­tions, defeats and wounds of life is illuminated.

 

Iniziata dalla Barbu, sviluppata dalla Fuselli, conclusa dalla Ercole, la poesia Il silenzio della rosa è in tal senso esemplare, riuscendo ad attivare le evocazioni consentite dalle scelte lessicali, a trascinare con sé il pensiero ad ogni “salto”, ad ogni scambio di autrice, per costruire una tra­ma, una serie di connessioni a partire dall’assenza di ogni vincolo. Ma soprattutto, nel ciclo vita-morte-vita di un fiore – appassito, essiccato, conservato, dimenticato, riscoperto, rivissuto – si illumina la preziosità di una parola poetica inte­sa come riparazione delle frustrazioni, delle sconfitte, delle ferite della vita. 

 

LAURA BARBU 

   Laura Barbu, nata ad Alexandria, nel sud della Romania, vive in Italia da oltre vent’anni. Il castigo del silenzio (2019) è la prima raccolta di poesie scritte direttamente in italiano. Il valore vitale di perpetua lotta contro l'egoismo costituisce il leitmotiv della poetica organica della Barbu, intervallata dallo sviluppo dell'istanza erotica a contrasto delle innumerevoli figurazioni della negatività. Nelle pagine di When Poetry Whispers to the Soul / Il sospiro dell’anima l’autrice è alla ricerca di un riscatto della parola poetica che sia liberatoria da noncuranza, maledizione, estraneità, pianto.

 

Laura Barbu
 

Disinterest, impassivity, coldness: compared to the an­guished spectres animated by our poetess, ρως represents the total passion capable of involving the entire human exis­tential adventure. The female vocation to rebellion occupies a significant space in it. In other compositions, witch-like and demonic femininity is reversed in the modernity of emancipation. The semantic cohesion of such an elegant ποιητική τέχνη (poietiké tèkne) is guaranteed by the density of the pauses and enjambements, which detach and join each time, raw, unmediated expressions, sincere to the point of ruthlessness, as if the writer were inviting us readers to live with her an existential experience enclosed in a «closed fist», defended by «flesh under the nails», nourished by the «root under a tombstone».

 

Disinteresse, impassibilità, gelo: a fronte degli spettri an­goscianti animati dalla nostra poetessa, l’ρως rappresenta la passione totale in grado di coinvolgere l’intera avventura esistenziale umana. La vocazione femminile alla ribellione vi occupa uno spazio significativo di grande risalto. In altri componimenti la femminilità stregonesca e de­moniaca si rovescia nella modernità dell’emancipazione. La coesione semantica di una simile, elegante ποιητική τέχνη (poietiké tèkne) è garantita dalla densità delle pause e degli enjambement, a distaccare e unire, di volta in volta, espressioni crude, non mediate, sincere fino alla spietatez­za, quasi la scrittrice invitasse noi lettori a vivere con lei un’esperienza esistenziale racchiusa in un «pugno chiuso», difesa da «carne sotto le unghie», nutrita dalla «radice sotto una lapide». 

 

THE SONG OF THE FINGERS

by Laura Barbu

 

I tore the white

from the black eyes

to make the night,

I sang with your fingers

out of tune refrains,

harp with uprooted strings

I choked a god

that I had cradled

in the arid breast.

Blasphemous, I swore allegiance

to the God of forgetfulness,

I promised a sacrifice

of flesh that bleeds a word.

I was a red-mouthed woman,

with tongue that chews lies

and spits truth.

 

 

IL CANTO DELLE DITA

di Laura Barbu

 

Strappai il bianco

dagli occhi neri

per far notte,

cantai

con le dita

ritornelli stonati,

arpa dalle corde estirpate;

soffocai un bene

che avevo cullato

al seno arido.

Blasfemo

giurai fedeltà

al Dio della dimenticanza,

promisi

un sacrificio di carne

che sanguina parola.

Fui donna

dalla bocca rossa,

lingua che mastica menzogna

e sputa verità. 

 

PAOLA ERCOLE

   La produzione di Paola Ercole prende avvìo con la composizione di haiku, per poi intraprendere il percorso del verso libero. Ai cinque versi di un keiryu la poetessa affida una sorta di autoritratto: «sono terra di marzo / ancora spruzzata di neve / che attende il suo primo sole- / come timida rosa / attorcigliata nei rovi». Terre emerse è l’ultima sua antologia in versi. When Poetry Whispers to the Soul / Il sospiro dell’anima conferma una scrittura dove, tra lucidità e malinconia, le suggestioni ispirate dalla natura e dall’incessante alternarsi delle stagioni divengono occasione di (auto)analisi intimistico-spirituale.

 

Paola Ercole

 

In Ercole’s microcosm, where a stone is associated with the propaedeutic memory of the primordial return, every element, animate or inanimate, appears as something ready there to progress, to manifest it­self, to highlight perhaps wounds of the soul due to «words that burned the lips». But if suffering constitutes a preor­dained destiny, an τυχία (atiukìa), it is not, however, inhabit­ed by subjugated and resigned victims. The pain never becomes virulent, but is attenuated in a guarded melancholy, in a lucid memory. Our author – aware of an inevitable repetition: «I will still breathe mistakes» – seems to be able to learn from mistakes and negative events.

 

Nel microcosmo della Ercole, dove una pietra è associata al ri­cordo propedeutico al ritorno primordiale, ogni elemento, animato o inanimato, appare come qualcosa pronto lì a progredire, a manifestarsi, a evidenziare magari ferite dell’anima dovute a «parole che bruciarono le lab­bra». Ma se la sofferenza costituisce un destino preordinato, una τυχία (atiukìa), essa non è però abitata da vittime succubi e rassegnate. Il dolore non diventa mai virulento, ma si attenua in una sorvegliata malinconia, in un ricordo lucido. La nostra autrice – co­sciente di una inevitabile ripetizione: «ancora respirerò sbagli» – sembra poter apprendere dagli errori e dagli ac­cadimenti negativi.

 

POETRY

by Paola Ercole

 

Delay is the light

that darkness does not pierce,

it stops his hand

on the solitude of the paper.

The pen awaits ink

of tears and soaked blood,

to write uncovered thoughts,

to give words

that do not confuse rain

with frost,

to smear bare pages with life,

and with a greedy hand,

to lay the bud of a flower

on the still open flesh.

 

 

POESIA

di Paola Ercole

 

Tarda la luce che il buio non squarcia,

statica la mano sulla solitudine del foglio.

La penna attende inchiostro,

di lacrime e sangue intriso,

a scrivere pensieri scoperti,

a donare parole che non confondano

la pioggia con la brina,

a sporcare di vita pagine nude,

e con avida mano

posare sulla carne ancora aperta,

il germoglio d’un fiore. 

 

 

ANNA FUSELLI 

   Fin dall’esordio con Chiaroscuro (2017), la poetica di Anna Fuselli ha esplorato l’indole intima dell’intellet­to e del pensiero attraverso un atteggiamento di entusiasmo guardingo. Risaltano alcuni leitmotiv: in primo luogo il procedere dei versi lungo l’asse referenziale della noia, la quale consente di intravedere e conoscere un ordito costante nell’esistenza; poi, l’affiorare delle ombre, mai minacciose o sfuggenti, invece parte essenziale del corso quotidiano. Per la poetessa, la società risulta essenzialmente inumana, malevola, impietosa: e il ritrovarsi in se stessa, nel voler essere sola, è testimoniato da una scrittura lirica anch'essa solitaria, appartata, ma lucida negli intenti, chiara negli obiettivi.

 

Anna Fuselli

 

The substance of Anna Fuselli’s poetry is in the great dra­matic force transmitted by the verses, a sort of severe energy that however transits along a path where the daily and mor­tal history is projected into an infinity, in a becoming repeat­able for eternity. Intimately committed to the theme of shadows is the instance of solitude, made into a “person” to the point of embracing it at sunset «filled with light and silence», holding it «to the point of feeling pain», listening to it «in the flight of a fleeting thought». In the poem of the same name, it almost comes out of itself to the extent that, in its absence, the poetess would feel «more alone». Being aware of it, recognising it, cultivating it, makes it possible to assign it an antagonistic function to the dark and silent context, ac­complice of confusion and lies, and thus represent it in an almost auxiliary role.

 

 

La sostanza della poesia di Anna Fuselli è nella grande forza drammatica trasmessa dai versi, una sorta di energia severa che però transita lungo un sentiero dove la storia quotidiana e mortale viene proiettata in un infinito, in un divenire ripetibile in eterno. Intimamente connessa al tema delle ombre è l’istanza della solitudine, resa “persona” al punto da abbracciarla al tramonto «colma di luci e silenzio», stringerla «fino a sentir dolore», ascoltarla «nel volo di un pensiero fugace». Nella poesia omonima, essa quasi esce da sé al pun­to che, in sua assenza, la poetessa si sentirebbe «più sola». Esserne cosciente, riconoscerla, coltivarla, consente di as­segnarle una funzione antagonista al contesto buio e silen­zioso, complice di confusione e menzogne, e rappresentarla così in un ruolo quasi ausiliare. 

 

SOLITUDE

by Anna Fuselli

 

Who knows

if I would feel more alone

without my loneliness,

like a secret favors

a balance, so

as not to hit the bottom.

Maybe I don’t know

that the night,

with its regular silence,

gives me

the courage to hope,

that the mystery loses me

and I dare

not to judge good

and evil.

Without my loneliness,

I would continue

to drink alone

from the chalice

of wine, the gall,

without arms, like a lost statue

of an abandoned Venus.

Without my solitude,

I would be like the rusting roofs

that make no noise

and live without fanfare.

 

SOLITUDINE

di Anna Fuselli

 

Chissà se mi sentirei più sola

senza la mia solitudine,

che come un segreto

asseconda un equilibrio

per non toccar il fondo.

Forse non saprei che la notte

con quel suo silenzio regolare

mi dà il coraggio di sperare,

che il mistero mi smarrisce

e non oso giudicare il bene e il male.

Senza la mia solitudine

continuerei a bere

dal calice di vino il fiele,

da sola, senza braccia,

come una perduta statua

di una Venere abbandonata.

Senza la mia solitudine

sarei come i tetti di ruggine

che non fanno rumore

e vivono senza clamore.


   Per quanto riguarda l’ambiguità inalienabile di ogni atto di transizione da una lingua all’altra, concludo lasciando la parola a un personaggio di Haruki Murakami - romanziere (ampiamente divulgato in inglese) nonché traduttore - per comunicare quanto una simile mancanza di univocità non sia caratteristica esclusiva dell’atto di tradurre, piuttosto appartenga alla parole in sé, quella comune e, senz’altro, quella letteraria.

Cinzia Baldazzi

   Nel romanzo Norwegian Wood (1987) - tradotto in Italia da Giorgio Amitrano per Feltrinelli nel 1993 - il cui protagonista Toru è uno studente amante della letteratura angloamericana, Murakami fa dire alla giovane Naoko: 

Ogni volta che cerco di dire qualcosa, mi vengono sempre le parole meno adatte, se non addirittura opposte a quelle che vorrei dire. E se cerco di correggermi, mi confondo ancora di piú e peggioro la situazione al punto che alla fine non so piú nemmeno quello che volevo dire. È come se il mio corpo si dividesse in due parti che giocano a rincorrersi. E al centro c’è questa colonna immensa e le due parti continuano a rincorrersi girandoci attorno. Ad afferrare le parole giuste è sempre l’altra parte, e io non riesco a starle dietro.

  

Le fotografie sono state scattate da Adriano Camerini il 4 giugno in occasione della presentazione del libro presso la galleria Arte Sempione in Roma.

 

 


 

 

 

 

 

50 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  2. Ricevo da Gabriella Novara il seguente commento:

    "Buon pomeriggio, Cinzia. Intanto ti ringrazio per darmi l'opportunità di esprimermi in un ambito non facile qual è quello della poesia intesa come lirica, cioè quella poesia che io intendo non per tutti, e dunque non comprensibile universalmente. Almeno secondo la mia opinione. Personalmente non posso fare un raffronto tra la parte italiana e quella inglese delle poesie proposte, in quanto non conosco la lingua inglese avendo studiato a scuola solo il francese e non avendo mai avuto né l'occasione né la voglia di conoscere altri idiomi. Comunque, penso che una poesia può anche assumere una comprensione e un significato diversi a secondo della lingua in cui viene espressa. E mi vengono in mente le poesie composte nel mio dialetto siculo che, quando vengono tradotte, in italiano o altra lingua, perdono di effetto e incisività. La poesia che mi é piaciuta particolarmente è "Solitudine" della Fuselli. Mi ci ritrovo particolarmente. Delle altre dovrei approfondire la lettura".
    Gabriella Novara

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per l'attenzione ed il gradimento da parte anche di Paola e Laura. Io la ringrazio particolarmente per l'apprezzamento della mia poesia SOLITUDINE

      Elimina
    2. Cara Gabriella, hai senz’altro ragione quando affermi che la poesia può “assumere una comprensione e un significato diversi a seconda della lingua in cui viene espressa”. In un simile statuto semantico è infatti insito il mistero, un po’ inquietante, e abbastanza rischioso, di elaborare una buona traduzione di un testo letterario, in particolare poetico. Tuttavia, con l’interscambio culturale ormai affermato nel mondo, anche in Italia, la situazione appare ben diversa da quando ero giovane. Dunque è giusto considerare abbastanza possibile, rispettando l’intelaiatura logico-intuitiva del messaggio, tramandare l’unità di forma e contenuto tipica di ogni messaggio letterario. Certo, non si arriverà mai a una coincidenza esatta di informazioni: ma l’arte del tradurre, come quella del comporre, non sono né l’una né l’altra una scienza esatta. Grazie ancora per le tue riflessioni.

      Elimina
  3. Grazie Cinzia per avermi invitata a leggere questo tuo “pezzo” critico, dedicato al libro “When Poetry Whispers to the Soul / Il sospiro dell’anima” di Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli (edito da Officine Culturali Romane), davvero profondo ed interessante.
    Riguardo alla traduzione di un testo poetico in altra lingua, diversa da quella in cui è stato pensato e creato, credo sia un’impresa difficile ma non impossibile. Sì, l’opera può perdere d’effetto, talvolta anche di armonia e profondità, perché ogni lingua ha le sue caratteristiche ed anche i suoi suoni e ritmi, le sue profondità, che non possono essere traslate perfettamente in un’altra lingua. Questo è normale. Ma c’è un aspetto da rispettare quando ci si accinge alla traduzione di una poesia ed è la lealtà nei confronti dell’opera in lingua originale. E questo aspetto è di grande importanza.
    Non conosco la lingua inglese, non posso esprimermi riguardo alle liriche qui tradotte in inglese.
    Le poesie qui proposte sono tutte belle.
    “Solitudine” di Anna Fuselli è la poesia che è piaciuta in modo particolare anche a me , perché la sento dentro viva, perché la sento addosso come un vestito dal quale non riuscirei mai a separarmi, anche se col trascorrere del tempo e degli anni, dovesse divenire logoro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Rispondo anche a nome delle mie amiche: condividiamo il pensiero che sia impresa non facile, ma fattibile, la traduzione in altre lingue e tutte e tre preferiamo una traduzione "infedele" ma emozionante che rispetta comunque il sentire dell'autore, ad una traduzione letterale che potrebbe risultare fredda e anche poco efficace. Inoltre la ringrazio per aver apprezzato il mio scritto "Solitudine". Grazie da noi tre autrici

      Elimina
  4. Grazie, Rosetta, per queste osservazioni dettagliate sull'argomento. Molto delicato e intenso il concetto da te espresso di lealtà nei confronti del testo di base. Si tratta, infatti, di un elemento centrale nell'atto del tradurre, difficile da definire, ma indispensabile per il suo successo.

    RispondiElimina
  5. Indubbiamente originale, seppur rischiosa, la scelta di pubblicare i testi di tre autrici in traduzione bilingue. Posso dire che l’impresa mi sembra riuscita, nonostante le limitazioni che ogni lavoro di traduzione poetica porta con sé. Se è vero, come è vero, che la difficoltà reale nella traduzione di un testo poetico risieda, non tanto nella traduzione della parola ma della poesia che c’è nella parola, allora si può intuire il limite fisiologico di tale operazione, soprattutto in considerazione della maggior sinteticità dell’idioma anglosassone nella costruzione del linguaggio rispetto alle potenzialità della lingua italiana. Tale limite comunque viene tanto più facilmente superato, quanto più breve e limpido è il verso originale. Laddove il verso si fa più lungo e/o meditativo, si corre maggiormente il rischio del cosiddetto “tradimento” nella traduzione. Indubbiamente le tre diverse voci poetiche si modulano in armonia di forma e si completano per significato. Lodevole la collaborazione tra le tre autrici e l’apporto critico di Cinzia Baldazzi, sempre profonda nei suoi scritti.
    Annalisa Rodeghiero

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Annalisa, le tue affermazioni specifiche ed empiricamente verificabili ricordano gran parte dei migliori studi linguistici sulla traduzione e sulla semiotica stessa, giunti alla maturità alla fine del secolo scorso. Ebbene, sappiamo che la terminologia di queste analisi perlopiù tedesche, russe o statunitensi è caduta in disuso, forse per la sua innegabile complessità, ma il messaggio grandioso trasmesso da quelle menti rimane oggi non solo vivo, piuttosto alla base di qualsiasi analisi linguistica, poetica e non solo. Come anche tu dimostri, è infatti fondamentale, pur in un'epoca di comunicazione di massa che quella scuola ignorava, per ogni approccio al mistero della parola, scritta e parlata, originale e tradotta.

      Elimina
    2. Grazie per aver manifestato il suo pensiero ed apprezzamento. Nulla da aggiungere al perfetto commento/risposta di Cinzia. 🙏

      Elimina
  6. Rimandi alla poesia elisabettiana e shakespeariana fanno da dolce sfondo a queste splendide poesie, scritte da donne e poetesse,la cui musica risuona nell' anima, giunta alla analisi del se', tra rose di vita e spine del dolore.La lettura porta ad una riflessione profonda e mistica..Grazie..Chapeau alle autrici ed al critico letterario dr Cinzia Baldazzi...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Valentina, il tuo rimando alla poesia inglese dei secoli passati è davvero appropriato. Ti ringrazio sinceramente anche a nome delle autrici.

      Elimina
    2. Sono io che ringrazio voi..Dolce e' il suono dei versi..Dolci e melanconiche le immagini, che inducono il lettore ad uno " spleen" esistenziale...

      Elimina
    3. Anche a nome di Paola e Laura, grazie infinite per questo apprezzamento che ci ripaga della fatica e del coraggio da noi dimostrato di calpestare il nuovo territorio della traduzione , mentre non siamo nuove alla scrittura condivisa.
      Grazie 🙏

      Elimina
  7. Grazie Cinzia per avermi invitato a leggere questo articolo. La tua scrittura, come sempre del resto, spazia in un universo letterario ricco e variegato, aiutando il lettore a comprendere il senso profondo e, direi piu' intimo, del testo poetico. Anche questa volta hai centrato l'obiettivo. Molto interessante l'iniziativa delle tre poetesse di presentare le loro sillogi con la traduzione in inglese. Un plauso particolare alla poesia "Il silenzio della rosa" scritta a sei mani. Veramente molto bella. Grazie per il tuo lavoro infaticabile per dare lustro alla nobile arte della poesia e complimenti alle tre autrici.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Rino, anche a nome delle tre poetesse ti esprimo un sincero ringraziamento, apprezzando soprattutto, oltre alle tue belle parole sui testi, anche il consenso che hai voluto esprimere sul progetto di un libro bilingue.

      Elimina
    2. Siamo grate per l'apprezzamento della nostra poesia scritta a sei mani e il lusinghiero commento.

      Elimina
  8. Carissime Paola, Laura ed Anna bravissime per queste vostre scelte e per il vostro coraggio di proporre qualcosa di diverso. Non conosco il vostro libro ma, dalla chiarissima ed esauriente nota critica di Cinzia Baldazzi, riesco a capire anche la vostra singola bravura dopo aver letto le tre poesie presenti nella nota/saggio di Cinzia.
    Complimenti quindi a voi ed anche a Cinzia Baldazzi che è riuscita, come sempre, a disegnare molto bene il cammino interiore di questo libro.
    Non so che cosa vi abbia spinto alla traduzione in un'altra lingua dei vostri testi. Un cammino che ha percorso anche io, in altro modo, quando alla presentazione di un mio libro, qualche anno fa, ho proposto alcune poesie in quattro lingue molto differenti tra loro: inglese, francese, spagnolo e tedesco. Lingue con differenti costruzioni di linguaggio e nelle scelte terminologiche. Ma qui mi vorrei soffermare sull’aspetto prevalentemente fonetico e melodioso del verso. Ciascuna costruzione poetica porta con se un ritmo che nasce dalla parola in se e dalla sua disposizione fisica nel testo e quindi nel verso.
    A questo proposito penso che sia la lingua italiana che quella spagnola così come in larga parte quella francese si somiglino molto. Differisce invece quella anglosassone e ancor più quella tedesca. Quando si legge una poesia o la si ascolta, letta o recitata, si seguono ovviamente le parole che però penetrano ancor meglio se la musicalità del verso le accompagna in modo sapiente. E qui c’è il lavoro nascosto e delicato del poeta che trasforma le emozioni in una armonia di parole e versi con costruzioni personali che dovrebbero nel tempo identificare uno stile personale. E questa costruzione sicuramente differisce nelle varie lingue non solo all’ascolto ma anche e soprattutto nella composizione del verso poetico.
    Certo, il traduttore svolge un ruolo importantissimo non solo nel tradurre ma nell’aggiustare anche la sua traduzione con la scelta dei vocaboli che ritiene più utili a riportare nella nuova lingua tempi, ritmi e suoni delle parole originali. Un lavoro nascosto, difficile e molto complesso grazie al quale siamo venuti a conoscenza di capolavori scritti in tutto il mondo. Tradurre un saggio critico, un romanzo non è come tradurre una poesia che trovo molto più complessa perché il peso di ciascuna parola nella poesia è veramente immenso. O almeno dovrebbe esserlo.
    Non mi dilungo ancora. Auguri a Paola, Laura ed Anna per questo vostro libro. Grazie Cinzia Baldazzi per avermi fatto conoscere questo lavoro. E grazie anche alla casa editrice Officine Culturali Romane che lo ha editato.
    Alessandro Ristori

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Alessandro. Hai proprio ragione sul ruolo complesso e, in un certo senso, inquietante del traduttore. Da molti chi traduce è considerato, anche se in senso mirato, un altro autore poiché - come precisi tu - deve scegliere i "vocaboli che ritiene più utili a riportare nella nuova lingua tempi, ritmi e suoni delle parole originali", pur non avendo la possibilità, né la volontà, con questa scelta inedita di introdurre un messaggio ex-novo. Come sai, amo molto la "canzone" Der Pflaumenbaum ("Il susino") di Bertolt Brecht, tradotta da Franco Fortini. Sarà così bella in tedesco l'indimenticabile chiusura in rima resa in italiano? "Che sia un susino, appena lo credi / perché di susine non ne fa. / Eppure è un susino e lo vedi / dalla foglia che ha".
      Grazie e a presto.

      Elimina
    2. Grazie Alessandro per questo interessante commento che condivido in ogni sua parte. Tradurre una poesia in una lingua diversa, è sempre impresa complessa e faticosa. Molto si deve al traduttore e alla sua sensibilità nel capire il sentire del poeta. Noi tre, io Anna, Paola e Laura, abbiamo voluto "provare" questa nuova esperienza, pur essendo consapevoli del "rischio" di non trasmettere le stesse emozioni in una lingua tanto diversa dalla nostra, l'inglese che ormai è stata eletta a lingua internazionale Crediamo che il traduttore abbia fatto un buon lavoro. Inoltre Cinzia ha fatto una presentazione estremamente puntuale e precisa, data la sua cultura e preparazione. Grazie per da parte di tutte e tre noi autrici per l'apprezzamento dimostrato in merito ai nostri scritti.

      Elimina
  9. Ricevo da Donatella Calì il seguente commento:

    Complimenti alle Autrici Laura Barbu, Paola Ercole e Anna Fuselli e complimenti alla Dott. Cinzia Baldazzi che spazia nell'universo infinito della poesia, curandone magistralmente i significati più nascosti.
    IL SILENZIO DELLA ROSA poesia di tre autrici, sorprende ed emoziona.
    Potrei paragonarla ad un opera pittorica eseguita da tre Artisti.
    Poi le bravissime Autrici ci insegnano che la solitudine si può amare, le dita magicamente cantano, e le ferite si curano con i fiori.
    La doppia lingua, Italiano, Inglese è sicuramente un importante mezzo di divulgazione globale del libro.
    Un grande libro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Donatella, per queste parole lusinghiere rivolte alle autrici e alla mia analisi. È giusto, la "solitudine" si può amare e, se tradotta in inglese, come in questo caso, trova amplificato l'ambito dell'aura poetica, del suo fascino. Anche io ho rintracciato nella silloge una grande impronta immaginifica, tipica delle espressioni pittoriche.
      Ancora grazie e a presto.

      Elimina
    2. Grazie Donatella da parte di noi tre autrici per l'attenzione riservata ai nostri scritti, alle nostre emozioni e alle nostre anime. Questo libro deve molto a Cinzia, che non ringraziamo mai abbastanza e ovviamente al traduttore

      Elimina
  10. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  11. Ricevo da Nicola Foti il seguente commento:

    Un grazie di cuore, Cinzia, per l'opportunità da te ricevuta per commentare le poesie delle tre Autrici, e le relative traduzioni in lingua inglese.
    Sono rimasto molto colpito positivamente dalle poesie pubblicate; ognuna riflette stile e contenuti proprî di ogni Poetessa, ma ciò che tengo a sottolineare è la capacità di fondere la propria poetica con quella delle altre (...tu ben conosci le mie poesie scritte insieme ad Inma J. Ferrero, attraverso un nostro libro, in italiano e spagnolo...ed altre ancora, in attesa di pubblicazione).
    Inoltre, devo riconoscere la qualità delle traduzioni in inglese; confrontandole con i testi originali, non ho avuto l'impressione che questo passaggio linguistico abbia alterato o sminuito la sostanza, la musicalità, la tensione poetica di ciascuna di esse...direi un ottimo lavoro!
    Infine (ma di non minore importanza, tutt'altro!), ti faccio i miei complimenti, Cinzia, per la tua analisi critica per ciascuna Poetessa, sempre puntuale e ricca di preziosi riferimenti letterari e filosofici...anche la problematica della traduzione dell'opera letteraria è affrontata in maniera lucida, mettendone in evidenza pregi e limiti.
    Spero che tale evento possa essere ripetuto nelle prossime settimane (essendo stato io impegnato quel sabato in un incontro poetico in Spagna)...ben venga la Poesia sempre, ma soprattutto la Poesia di qualità, la passione di chi la scrive, l'attento ascolto di chi la ama, l'impegno di chi la recensisce, e la impreziosisce con le sue note critiche. Complimenti a tutte, e al traduttore!
    Nicola Foti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Nicola, per questa approvazione direi “corale” che hai elaborato del libro di Ercole, Fuselli e Barbu, del mio commento, insomma dell’operazione complessiva. Nell’accogliere ogni messaggio letterario, non solo quando si adotta un punto di vista critico, si manifesta un piccolo, grande, irripetibile incantesimo tra noi e quanto leggiamo. Se poi le lingue sono sorelle, come accade tra l’italiano e lo spagnolo tuo e di Inma, il rapporto di scambio reciproco risulta immediato, e la funzione di contatto creata dal codice, una volta mutata, ne risente abbastanza poco rispetto alle informazioni originarie. Se gli idiomi utilizzati, come nel caso di questo libro, appartengono a un’altra famiglia linguistica, allora l’incantesimo di leggere una traduzione così effettuata ingigantisce il mistero dello spazio ambiguo tipico del linguaggio poetico che, lo sappiamo, di per sé è sempre polivalente, “equivoco” in senso buono. Ma se chi gestisce la lampada di Aladino della traduzione diffonde la luce negli spazi adeguati, il risultato è garantito. Grazie ancora per l’attenzione, per la tua poetica e per il modo che hai sempre avuto di gestire differenti fonti culturali in una visione del mondo adeguata.

      Elimina
  12. Ricevo da Armando Mancini il seguente commento:

    Il linguaggio poetico "universale", a mio avviso, è tale quando è fruibile da tutti, e non solo dalle élite. Giá la parola stessa la considero fuori luogo ed inespressiva nei vari contesti letterari,
    A meno che non siano testi scientifici, che non riguardano l'anima ed i valori che esulano dai vari risultati matematici
    Spesso, taluni sfoggiano linguaggi "forbiti" pensando di attrarre considerazione e meraviglia da parte del lettore..
    Ma in fondo la loro pseudo comunicazione è atta soltanto a soddisfare il proprio ego narcisista, tralasciando di fatto il legame affettivo ed empatico che a mio avviso è la genesi dei rapporti umani veri e non artefatti.
    Le barriere vanno abbattute seguendo la logica dell'amore e dell'umiltà.
    Rifacendomi alle traduzioni dei grandi poemi omerici credo che in primis le traduzioni abbiano un valore immenso nella comunicazione fra popoli con idiomi spesso distanti anni luce fra loro, e che inneggino alla conoscenza ed alla fratellanza.
    Certamente, i limiti sono evidenti quando le sfumature dei vari dialetti non possono essere tradotte letteralmente nella loro essenza, ma l'obiettivo finale, sublime direi, è il viaggio interiore quando una cultura diversa si apre alla conoscenza.
    Quando la parola ha un valore universale e la si conserva in pagine inchiostrate che conserviamo nella nostra intimità come un amico, come un tesoro.
    Che ci segue anche nei posti più reconditi, nella nostra intimità morale.
    Non televisione, non tecnologia, ma parole su fogli di carta, da aprire quando ne sentiamo il bisogno, in riva al mare, in un angolo.
    Quando si ascolta in silenzio qualcuno che racconta se stesso dall'altro capo del mondo...
    Complimenti Cinzia per i tuoi spunti letterari degni di attenzione e riflessione.
    Armando Mancini

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Armando, ti ringrazio per questo brano molto lirico nel quale elogi la “comunicazione fra popoli con idiomi spesso distanti anni luce fra loro, e che inneggino alla conoscenza ed alla fratellanza”. Sono d’accordo, i messaggi affidati alle pagine “inchiostrate”, come le chiami tu, sono un nostro tesoro impareggiabile, da difendere e da goderne. Un libro sarebbe alla portata di tutti: basta volerlo accogliere, come suggerisci tu, magari anche “dall'altro capo del mondo”. Grazie per le tue riflessioni, che trascinano in un mondo di associazioni strutturali e, come dire, allargate all’intero mondo delle sensazioni del cuore, dell’anima. Grazie, amico.

      Elimina
  13. Ricevo da Angelo Greco il seguente commento:

    Penso che quella di tradurre gli scritti delle autrici nella lingua più corrente, che è l’inglese, sia un’ottima iniziativa.
    Infatti ormai l’Italia è divenuto un paese “dimenticato”, se non per le gloriose tradizioni.
    Le influenze americane, anglosassoni e d’oltralpe hanno “imbarbarito” il segno della scrittura moderna mantenendo esclusivamente in vita il linguaggio dei sentimenti e dei temi trattati, abbandonando l’estetica del glorioso metro italiano (e delle rime).
    L’accolta prosa del verso libero ha soppiantato la creazione poetica ritmica tradizionale, stravolgendo la concezione significante del termine stesso di poesia.
    In Italia il colpevole narcisismo collettivo e la mancanza di amor patrio riguardo alla grandezza della nostra letteratura ha letteralmente distrutto la bellezza del ritmo armonico ormai quasi totalmente assente nei testi degli autori contemporanei che più non si curano del lavoro centellinante e sensibile della trasformazione in “poiesis”.
    La traduzione da altre lingue, per ovvie ragioni tecniche, possiede lo stesso “difetto”.
    La “prosa” invece è di per sé facilmente traducibile.
    Pertanto l’iniziativa delle autrici è lodevole e forse servirà a far comprendere all’estero che il pensiero antico delle popolazioni italiche è sempre “vivo” pur se impoverito della grazia della musicalità.
    Le tue parole di critica elevano e valorizzano, come sempre, il volume in essere.
    Angelo Greco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pubblico il testo ricevuto da Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli:

      Grazie per il tempo dedicato e per il plauso espresso al nostro coraggio di ricorrere alla traduzione di alcune nostre liriche. Sono d’accordissimo sull'ultima annotazione e cioè che le parole di Cinzia sempre valorizzano gli scritti da lei esaminati. Grazie
      Paola Ercole, Laura Barbu, Anna Fuselli

      Elimina
    2. Caro Angelo, ti ringrazio per questa articolata e appassionata difesa del patrimonio culturale-linguistico nazionale. Sono d’accordo: è un repertorio che è opportuno tutelare e tramandare di padre in figlio, meglio, per me, di madre in figlio. Non solo perché frutto della famiglia, degli avi, delle nostre terre: in breve, della civiltà di cui siamo eredi e protagonisti. Quindi hanno fatto benissimo le tre poetesse a pubblicare i loro versi anche in un altro idioma molto diffuso nel pianeta come quella anglosassone. Tuttavia, debbo fare i conti con i tempi: e sono incline a farlo da molti anni. L’interscambio culturale, ormai definitivamente affermato nel mondo – compreso il nostro paese – richiede infatti di aprire, oltre che ai costumi e all’economia di differenti culture, anche la lingua nazionale a contaminazioni estere. Pertanto, nella mia saggistica, oltre al latino e al greco (nel ’78 nella mia tesi di laurea, battuta a macchina, aggiunsi a mano la parola τέχνη), ospito di proposito lessemi tedeschi, inglesi, francesi e russi. Ignoro le lingue orientali, altrimenti aggiungerei anch’esse. Ma la sera, quando ho tempo, prima di andare a dormire, non leggo Eliot o Holderlin e nemmeno Roth o Murakami: leggo Leopardi, Calvino, Pavese, Pirandello. A ciascuno il suo. Grazie ancora e a presto.

      Elimina
  14. Ricevo da Franca Canfora il seguente commento:

    Carissima Cinzia ho letto il tuo articolo come sempre interessante e soprattutto ricco di spunti di riflessione.
    La difficoltà principale di questo lavoro credo sia stata non tanto nel tradurre in senso puramente tecnico il testo, quanto nel riuscire a trasportare l'emozione che il testo originale regala al lettore, coinvolgendolo, cosa che trovo veramente difficile.
    La lingua inglese risulta molto più stringata della nostra, che ha indubbiamente una musicalità diversa e maggiori potenziali di espressione e soprattutto una ricchezza di vocaboli e sinonimi che penso nessun'altra lingua possieda.
    Ho apprezzato i testi sia nella lingua originale che conosco ma soprattutto nella traduzione, perché mi regala una emozione in più.
    Il lavoro è a mio parere perfettamente riuscito.
    Ti ringrazio per avermi reso partecipe e ti abbraccio.
    Franca Canfora

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pubblico il testo ricevuto da Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli:

      Grazie per il suo interesse e commento, contenta che i nostri scritti le abbiano donato emozione. Che questa sia avvenuta nella lingua inglese ci conforta nella scelta fatta a suo tempo da noi autrici. Grazie.
      Paola Ercole, Laura Barbu, Anna Fuselli

      Elimina
    2. Cara Franca, apprezzo molto quando – come accade con te in questo commento – si evidenzia nella poesia l’aspetto emozionale. Non perché (almeno io non sono tra quanti lo suppongono) l’emozionalità costituisca il dato fondamentale, o ancor meno “indispensabile”, della comunicazione poetica in sé. Tra i versi nella lirica, tra i periodi nella prosa, agiscono elementi creativi razionali di importanza esclusiva, perché senza di essi il messaggio sarebbe incomprensibile. E lo dico anche quando e soprattutto i termini razionali comuni vengono ribaltati o trascesi, come in tante avanguardie. Il dato trainante e decisivo della emozionalità nelle poetiche è invece assicurato dal suo esserne unico messaggero universale, in grado di adattarsi a svariati messaggi, veicoli, visioni del mondo e dell’arte. Anche in questo caso, per “emozionalità” intendo sia passione che freddezza, sia concomitanza che indifferenza, purché sussistano e si diffondano. Grazie per queste tue profonde osservazioni.

      Elimina
  15. Ricevo da Marisa Cossu il seguente commento:

    Carissima Cinzia,
    sempre accurate e affascinanti le tue analisi! Leggo con interesse e attenzione le note critiche che denotano, oltre ad una grande competenza specifica, i tratti umani e psicologici attraverso i quali susciti riflessioni, poni domande, sveli le tipiche curiosità del ricercatore come studioso in servizio permanente-effettivo. Le ottime poetesse si sono cimentate nella traduzione delle proprie poesie ed è indubitabile che questa relazione abbia favorito la traslazione poetica dall’italiano all’idioma anglosassone; infatti il rapporto arte- cervello, conoscenza- emozione, in questo caso è facilitato dal contesto. Non ho ancora letto il libro, ma di certo lo stesso spirito, la medesima poetica, alimentano le liriche in italiano e in inglese. Qui non vi sono mediazioni se non il dover ripensare in una lingua ben nota, quasi materna, gli stessi testi mantenendo intatte le emozioni e le intenzioni comunicative. Piuttosto, l’operazione a più mani m’intriga ancor più in quanto al mantenimento del registro lirico. Le tre potesse confermano i valori essenziali della poesia: alterità, etica, estetica. Ne conseguono amicizia e unione spirituale tra gli amanti della bella scrittura e dell’arte. L’universalità della poetica, pur contrapposta alla singola soggettività, è uno di temi emersi dalla lettura delle tue note. Come spiegare il passaggio da Babele ad un generale “sentire” poetico? Come ricercare le costanti della bellezza? Come verificare, al di là delle pur significative teorie linguistiche e filosofiche, che l’universalità della poesia sia compatibile con il substrato neuro-biologico di ciascuno? Non v’è dubbio sul fatto che la poesia nasca dal complesso “ingranaggio” psiche- cervello e non risieda quindi in un lontano iperuranio: indagini e studi interdisciplinari tra Arte e Scienza, la neuro-estetica, cercano di dimostrare quali zone del cervello vengano interessate all’esposizione ad un’opera d’arte. Si tratta di studi affascinanti e ben mirati. Penso che ogni traduzione comporti difficoltà interpretative e comunicative, considerata la diversità che distingue gli individui e le lingue dei parlanti. L’arte è una, i fruitori tutti, tanti, ma segnati da un retroterra particolare. Il traduttore, penso, debba essere anche un ottimo poeta se vuol divulgare e far volare lo spirito originario dell’opera. Perciò mi complimento con te per l’impegno costante in campo culturale e con le poetesse che si sono cimentate in questa stimolante situazione. Mi farà piacere leggere questo bel libro Un abbraccio.
    Marisa Cossu

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Marisa, per questo significato contributo alla lettura della poetica delle tre amiche e grazie per il suggerimento critico di rivolgersi alla neuro-estetica, disciplina che non seguo, ma da ora cercherò di approfondire.

      Elimina
    2. Pubblico il testo ricevuto da Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli:

      Grazie per l'interesse dimostrato alle nostre opere, felice di aver suscitato plauso per la scrittura a più mani cui noi amiche spesso ricorriamo. Grazie.
      Paola Ercole, Laura Barbu, Anna Fuselli

      Elimina
  16. Ricevo da Maria Rizzi il seguente commento:

    Carissima Cinzia, ti ringrazio per avermi coinvolta. Pur essendo una fautrice della potenza e dell'estensione lessicale della nostra lingua, ritengo di grande interesse la traduzione in lingue diverse. Nel caso delle tre autrici asserisce con dovizia di particolari l'importanza della translazione poetica nella lingua anglosassone e avverto l'esigenza di appoggiarti incondizionatamente. L'inglese è la lingua più diffusa e le liriche, tradotte, acquisiscono un'indubbia universalità. Inoltre, come sottolinei con acume, le traduzioni consentono di esplorare nuovi orizzonti e di dare alle poesie nuove, spesso arricchenti connotazioni. Il mio plauso va alle tue dotte e ispirate considerazioni e al lavoro svolto dalle autrici, che hanno reso la loro Silloge universale. Grazie di avermi donato l'opportunità di commentare questo tuo stimolante articolo.
    Maria Rizzi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Maria, della stima dimostrata nei miei confronti e dell'ammirazione riservata alle tue poetesse. È giusto, traducendo brani della nostra lingua in quella anglosassone, raggiungiamo un numero di lettori più vasto e "prestiamo" ai testi originali un veicolo che possiede diverse caratteristiche sintattiche e morfologiche. Ma - è chiaro, e tu lo sottolineai - non esiste una gerarchia qualitativa di lingue in ordine della loro diffusione. La Poesia rimane Poesia al di sopra di tutto, ma è meglio se la leggono il più persone possibile.

      Elimina
    2. Pubblico il testo ricevuto da Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli:

      Grazie per aver apprezzato la nostra idea di tradurre alcuni dei nostri scritti così magistralmente presentati da Cinzia. Grazie.
      Paola Ercole, Laura Barbu, Anna Fuselli

      Elimina
  17. Carissima Cinzia, ringrazio per la possibilità che mi hai dato di leggere, seppure in parte, alcune poesie della silloge “When Poetry Whispers to the Soul / Il sospiro dell’anima, scritta da tre poetesse di profonda sincerità d’animo e impreziosita dalla tua sapiente prefazione. Ho notato una univoca intimità nella lingua con una resa emotiva dallo stile del tutto personale e con un lessico “generale”, volto a un insieme caratterizzato da una pura globalità: infatti per essere recepito in chiave collettiva occorre far transitare in altri orizzonti storico-specifici di “parole”. In tempi andati, specie nell’idioma anglosassone, si diceva che lo stile fosse intraducibile, come per Croce intraducibile era la poesia. Tali concezioni oggi sono l’espressione di un idealismo particolarmente inattuale, contro il quale l’estetica del Novecento, quella italiana in prima linea, si è battuta vittoriosamente. Certo, tradurre una poesia non è compito facile per un traduttore, perché entrare nello stile, nella forma e nel contenuto richiede passione, competenza e sentimento. Un traduttologo deve sapere constatare che le dicotomie inevitabilmente portano a una situazione difficile, configurando, da una parte, l’intraducibilità dello “stile” e “dell’indicibile” poetico, e dall’altra la convinzione che sia trasmissibile soltanto il contenuto. Ma si può interpretare giustamente raffrontando i valori poetici di un’altra lingua, per cui la traduzione risulta una competenza essenziale che rende visibile le differenze tra le opere e le culture stimolando l’incontro.
    Auguro a voi tutte un buon cammino e tanto successo, Rosanna Di Iorio.


    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pubblico il testo ricevuto da Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli:

      Grazie per gli auguri espressi nel suo interessante e costruttivo commento.
      Paola Ercole, Laura Barbu, Anna Fuselli

      Elimina
    2. Carissima Rosanna, hai ragione quando esprimi in dettaglio la complessità insita nel tradurre con efficacia soprattutto messaggi letterari e poetici da una lingua all’altra. Io sono cresciuta con la semiotica: infatti, nel ’78, la mia tesi ne era espressione. Dunque, nello specifico, devo ammettere l’alto tasso di “non ottemperanza” tra il mittente originale e il destinatario quando la funzione “fàtica”, di contatto, muta l’idioma. Ma a prescindere da questo dato che, lontano dai fantasmi dell’idealismo crociano da te citati, ha molti modi per essere sempre più ridotto grazie all’interscambio culturale che viviamo di continuo - e tu lo sottolinei – il bandolo della matassa lo possiede in sostanza il traduttore, che in un momento unico e irripetibile anch’esso coglie il messaggio originale e lo trasmette a noi. In una nuova veste. Grazie, cara amica.

      Elimina
  18. Cara Cinzia, ho letto con grande interesse l'articolo, comprese le opere delle tre valenti autrici, che hanno saputo fondere le loro voci e ottenere una complementarità profonda e avvolgente. Trovo che il punto di forza di un connubio in poesia sia proprio quella sorta di confluenza in un unico mare, se vogliamo far ricorso a una metafora, dove le acque di ogni corso d'acqua, pur nella loro individualità, infine si ritrovano non più divisibili. Sentire nei precordi l'altra voce è condizione importante per poterla continuare o completare, e a tal proposito credo che le tre poetesse siano in grande sintonia. Davvero brave sia singolarmente sia nell'insieme, così come le tue note critiche.
    Approvo la scelta di presentare i testi anche nella traduzione inglese, ciò non può che contribuire ad allargare il cerchio dei lettori, oltre che offrire sfumature diverse di uno stesso pensiero. Anche se la traduzione (in particolare del genere letterario della poesia) è un lavoro affatto superficiale, richiedendo una certa sensibilità poetica in aggiunta alla discreta conoscenza della lingua in questione. Trovo l'inglese più riduttivo dell'italiano nella realizzazione di un testo poetico, ma ho anche imparato che più lo si legge più si riesce a percepirne la valenza espressiva.
    Grazie per la lettura, auguro a tutte di continuare a curare le proprie inclinazioni di scrittura, ricerca, diffusione.
    Rita Stanzione

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pubblico il testo ricevuto da Paola Ercole, Laura Barbu e Anna Fuselli:

      Grazie cara Rita per il tuo apprezzamento ai nostri scritti. Condivido pienamente il tuo pensiero che afferma che più fiumi confluiscono nel mare e ciascuno di essi dona acqua che arricchisce, ed aggiungo, a volte purifica. Grazie per gli auguri che rivolgi e che ricambio per le tue splendide opere che ben conosco ed ammiro. Grazie.
      Paola Ercole, Laura Barbu, Anna Fuselli

      Elimina
    2. Cara Rita, grazie per queste osservazioni dense di indicazioni originali e punti di osservazione stimolanti. Mi soffermerò solo sulla metafora tra i versi e l’acqua dei fiumi. I filosofi di Mileto, ossia Anassimene e Anassimandro (VII sec a.C.), già prima di Eraclito avevano concepito l’universale dinamismo delle cose, che tu fai coincidere con il messaggio dei versi. Solo Eraclito, però, poco dopo di loro, ebbe l’acume di concepire il Πάντα Ρέι (“panta rei”), dove l’unione-scontro tra i vari flussi è talmente grande da confonderli di continuo uno con l’altro, facendo sì però che il loro contatto non si possa mai ripetere. A prescindere dalle manipolazioni che vennero poi fatte di tale teoria, trovo eccezionalmente valido il paragone con la scrittura condivisa della quale le nostre tre autrici sono testimoni. Non dimentichiamo tra l’altro che la lunga preistoria della poesia lirica fu esattamente “corale”, anche se ovviamente accompagnata dalla lira: era caratterizzata dai “precordi” degli autori associati alla ineffabile manualità dei musicisti. Grazie ancora, carissima amica.

      Elimina
  19. Ricevo il seguente commento da Barbara Barreca:

    Ciò che ho colto dalla traslazione dei versi poetici dall'italiano ad un'altra lingua, è stato il voler dare spazio al fuoco viatico che alberga in tutti gli operatori della comunicazione col fine di riunire in un unico contenitore, al di là delle espressioni linguistiche, semantiche e culturali di appartenenza, la parola come mezzo e strumento potente di evocazione, riflessione, condivisione e sentimento.
    Il tentativo di unione l'ho trovato gradevole ed interessante, oltreché attuale perché, a pensarci bene, il nuovo millennio ci ha consegnato mescolanze e fusioni globali di idiomi ed espressioni al di fuori del nostro codice linguistico di appartenenza che potrebbero chissà, forse in un futuro prossimo, trovare espressione di concretezza in un unico linguaggio.
    Tuttavia, se l'apertura al nuovo mi affascina e intriga da un lato, dall'altro resto, lo ammetto, sentimentalmente ancora "legata" alle tradizioni etnografiche del nostro Paese, in particolare ai suoi codici conservativi, ai rituali propri dei territori e dei dialetti, all'unicità che ci caratterizza e su cui tanto ci sarebbe da scrivere...
    ancora.
    Infine per concludere, voglio ringraziarla per il suo lavoro e impegno, omaggiare le autrici per la loro bravura, il cui intreccio e singolarità espressiva è stato da me colto e augurare un buon proseguimento a tutti.
    Barbara Barreca

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Barbara, apprezzo moltissimo la tua attenzione alle "mescolanze e fusioni globali di idiomi ed espressioni al di fuori del nostro codice linguistico di appartenenza": si tratta di una realtà importante e che è giustissimo non solo evitare di ignorare, ma anche potenziare. Tuttavia, anche per la mia età, non posso negare quanto più di una volta io abbia dovuto superare una certa resistenza al modificarsi della nostra lingua nel modo di appellarsi l'uno all'altro, come, ad esempio, tutt'oggi la protasi di un'ipotetica mi ostino a costruirla non con l'indicativo imperfetto del tipo "se ero più fortunata, avrei vinto la lotteria", ma con il modo congiuntivo. Ciò non toglie che sia sempre stata, come te, affascinata dal plurilinguismo e dallo scambio di esperienze tra popoli che, con il sacrificio iniziale, ricompensa sempre molto. Grazie per il tuo commento attento e completo.

      Elimina

  20. Ricevo il seguente commento da Lauro Zuffolini:

    Le poetesse sono molto espressive ed efficaci, ognuna con la sua sensibilità. Ho apprezzato molto le loro poesie e vorrei leggerne ancora.
    Riguardo alla versione inglese, io non amo quella lingua, che un po' conosco. Ho due figli che sono cittadini britannici e che vivono e lavorano da vari anni a Londra. L'italiano è molto più ricco ed espressivo. Si sa che le traduzioni trasfigurano i testi, ma sono anche l'unico modo che permette una conoscenza di scrittori che non siano solo i connazionali.
    Io mi trovo a vivere in Serbia da un anno. Sto per pubblicare qui un libro di poesie e testi in prosa e sarà in italiano con la versione in serbo a fronte. Ho deciso così perché possa essere letto da amici sia italiani che serbi. Quindi la mia motivazione è pratica.
    Queste le mie semplice note. Tu, Cinzia, sei sempre bravissima e ultracompetente.
    Lauro Zuffolini

    RispondiElimina