L’Universo in rivolta
una storia di Alessandra Montali
illustrazioni di Manuela Testaferri
Fermo, edizioni Zefiro, 2021, pp. 32, € 12,00
Nella nostra epoca, in cui l’arte di raccontare storie è stata dimenticata e rimpiazzata dalla sociologia amatoriale e dalla psicologia d’accatto, il bambino è ancora un lettore indipendente che non si fida di altro che non sia il suo gusto. Nomi e autorità non significano niente per lui. Quando la letteratura per adulti sarà andata in rovina, per molto tempo ancora i libri per bambini costituiranno le ultime vestigia dell’arte di raccontare storie, del senso logico, della fede nella famiglia, in Dio e nel vero umanesimo.
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Nelle ultime due tavole della micro-story L’Universo
in rivolta di Alessandra Montali,
illustrato da Manuela Testaferri, in un magico, suggestivo accordo di colori, il
Sole campeggia rosso-arancio sul paesaggio urbano, la Luna rifulge bianca-blu
tra le stelle. La coppia di astri è tratteggiata conferendo a ciascuno le
dimensioni dell’altro. Ora, nella realtà fisica hanno misure alquanto differenti,
nonostante all’osservatore terrestre appaiano sorprendentemente della medesima
estensione. Ciò è particolarmente chiaro durante la giornata quando il cielo è appena
coperto, al tramonto o di notte al plenilunio. Il fanciullo, al contrario dell’adulto,
non si chiede come sia possibile.
Il diametro della Luna è 1/400 di quello del Sole, ma anche la sua distanza dalla Terra è di 1/400 rispetto a quella del Sole. L’affascinante concomitanza è in grado di spiegare l’illusione dell’uguale grandezza dei corpi celesti: il satellite ispiratore di tanta poesia risulta, nel reale, quattrocento volte più piccolo, ma anche quattrocento volte più vicino a noi (tale caratteristica gli permette di essere protagonista delle eclissi solari).
Nella fiaba della Montali, l’interagire di
Sole e Luna (sfiorarsi, conoscersi, parlare) è quindi reso attuale da
un’impressione quotidiana universalmente sperimentata alla cui base però rintracciamo
una precisa relazione geometrica. Analoga suppongo sia la natura delle
annotazioni astronomiche e geologiche premesse da Italo Calvino ai racconti
compresi nelle Cosmicomiche: fissato il dato scientifico, la scrittura
procede sino alle estreme conseguenze creative, nondimeno avendo a fondamento
un dato obbiettivo inoppugnabile.
La short
tale della nostra Alessandra è connesso con l’arco referenziale dell’astronomia,
dell’astrologia, nonché della cultura collettiva e delle antiche leggende. Il
bambino-lettore ritroverà nel nucleo della trama-intreccio, nelle figure, il
rapporto profondo esistente tra i due luminari, gli stessi che nell’individuo
primitivo suscitavano emotività, magari alcune riflessioni, a lato di paure di matrice
empirica. La psicologia popolare attribuiva a Ἥλιος (Èlios) il ruolo attivo, maschile, lo
Yang, a Σελήνη (Selène) quella
ricettiva, femminile, lo Yin. Con l’avvento della psicoanalisi, una simile
lettura venne corretta per consentire un paio di distinte incarnazioni: la zona
solare cosciente, razionale, illuminata, a fronte degli abissi lunari
dell’inconscio colmi di mistero ma anche di empatia, sensibilità, sogno, fantasia.
Sia nella parola poetica sia nei disegni
emergono indizi semantici di terminologie folkloriche, come la Luna impegnata a
cambiarsi “d’abito” passando da una fase all’altra. E non poteva mancare, con lo
scopo di offrire un assunto narrativo propedeutico, il progetto soprannaturale
del terzo giorno, quando Dio disse: «Vi siano i luminari nel firmamento del
cielo per separare il giorno dalla notte e per far luce sulla terra».
«La fiaba è un residuo», scriveva Walter Benjamin nel 1924, «forse il più potente che si trovi nella storia spirituale dell’umanità: un prodotto di scarto nel processo della nascita e della decadenza della leggenda». All’insigne critico, proprietario di una nutritissima biblioteca di testi per l’infanzia, stava molto a cuore il nesso centrale delle immagini:
C’è una cosa che salva persino le opere più antiquate, meno libere dal pregiudizio di quest’epoca: l’illustrazione. Quest’ultima sfuggiva al controllo delle teorie filantropiche, e gli artisti e i bambini si sono messi presto d’accordo alle spalle dei pedagogisti.
Nell’apparato iconografico approntato dalla
Testaferri per la story di Alessandra
Montali sembra trapelare il pensiero dello studioso berlinese, così come le
affermazioni del contemporaneo Davide Brullo, secondo il quale «le
illustrazioni salvano i libri “per bambini” dall’ossessione pedagogica e dai
santi intenti di edificare buoni cittadini in batteria scolastica».
Ed è con due emblemi, saldi in un perfetto costrutto di forma-contenuto, che si apre L’Universo in rivolta: La Luna trasmette malinconia, sofferente per il silenzio e la solitudine dell’oscurità, il Sole accusa stanchezza a causa del frastuono e del traffico diurno.
Con il supporto delle stelle, la maestosa coppia di astri si incontra per correggere la rotta della propria routine cosmica. La Luna prende le vesti del Sole, e viceversa:
In un batter d’occhio il Sole e la Luna sgusciarono fuori dai loro abiti e s’infilarono l’uno nella veste dell’altro. Il Sole entrò nella fresca tunica argentea della Luna e lei, a sua volta, si sentì subito a suo agio nella calda veste dorata del Sole.
La «fresca tunica argentea» e la «calda
veste dorata» suscitano l’impressione di enfatizzare una fisionomia commutabile,
intercambiabile nelle figure celesti, come se i rispettivi spazi operativi derivassero
dall’abbigliamento: ardente l’emanazione solare, freddo il chiarore lunare.
Quasi i protagonisti fossero titolari di “mestieri” che, dipendendo nell’hic et nunc favolistico da una sorta di
oggetto magico (l’abito), possano diventare elemento di mutua sostituzione a
patto di invertire gli “strumenti di lavoro”.
Ciò è vero nella misura in cui lo scambio
investe l’aspetto esteriore: dalla mattina alla sera la Luna riceve, in dono, i
luminosissimi raggi solari, mentre il Sole gode dell’eredità di un candore
lunare che continua a risaltare nel buio.
A questo punto il mondo naturale sembrerebbe non debba risentirne. In realtà, gli episodi successivi mostrano come il gioco logico della Montali sia piuttosto sottile: la comparsa di una permuta esteriore determina al contrario un avvicendamento sostanziale. Il capovolgimento delle prerogative, l’inversione degli “strumenti di lavoro”, l’appropriarsi dell’area reciproca, scatenano contraccolpi ingenti e inattesi. Del resto, ripeteva Gianni Rodari:
La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo.
Ecco, innanzitutto, lo spiazzamento meteorologico:
La notte era sempre più calda ed il giorno sempre più fresco. Nessuno ci capiva più niente!
Gli astri, camuffati l’uno con l’altro, non possono
rinunciare alla loro profonda natura, a essere quello che sono. La Luna, ovvero
“il nuovo Sole”, non riesce a scaldare il giorno, condannato a rimanere rigido;
il Sole, cioè “la nuova Luna”, innalza a dismisura la temperatura di notte.
Siamo così all’istanza centrale de L’Universo in rivolta, la cui trattazione potrà essere introdotta e rischiarata da un ulteriore monito del critico tedesco:
Il bambino può disporre della materia della fiaba nello stesso modo sovrano e naturale in cui dispone dei pezzi di stoffa e delle pietre da costruzione.
Nella morfologia classica della favola, come
l’ha elaborata il russo Vladimir Jakovlevič Propp nel 1928, ogni eroe, eroina, aiutante, antagonista (buoni o malvagi) assolve un
compito. La griglia logico-intuitiva da lui sviluppata prevede una tipologia
più o meno stabile: ciascun μῦθος (miùthos) possiede a fondamento una
struttura monotipica, basata sul procedere regolato di funzioni. Queste ultime
si definiscono “gesti” o “imprese” compiuti dai personaggi con puntuali ripercussioni
sulle tappe successive del plot.
Circa mezzo secolo dopo, lo schema
formalista proppiano è stato considerato riferimento di un repertorio -
destinato a giovanissimi - che cercava di ribaltarne l’assunto globale. In
Italia, esemplari sono in tal senso Variazioni sopra una nota sola di
Raffaele La Capria e Pinocchio con gli stivali di Luigi Malerba,
entrambi pubblicati nel 1977.
Nell’opera di La Capria, una nota, insoddisfatta
dello spartito in cui agisce («Mi dispiace, ma Danubio Blu non è di mio
gusto»), diserta il posto usuale: procura stonature e disastri entrando nell’acuto
di un soprano al teatro dell’opera, salta sulle corde di un violino durante un
concerto di Mozart in diretta televisiva, sta per scatenare una guerra infilandosi
nel trombone di una parata militare in onore di un capo straniero. Nella
protesta della bambina protagonista, piccola allieva di pianoforte, si legge
una condanna dello sperimentalismo musicale fine a se stesso.
Malerba si esercita invece nel vasto panorama
delle fabulae famose, con l’atto di assegnare
ad alcuni main characters la volontà
di sparigliare le coppie, sconvolgere i moduli, di giocare, vale a dire, con i «pezzi
di stoffa» e le «pietre da costruzione» suggerite da
Benjamin.
Pinocchio, scappato dal capitolo 36 delle proprie peripezie, abbandonato Geppetto in mare aperto, affronta prima Cenerentola e il principe, poi Cappuccetto Rosso e il Lupo, avanzando a tutti la proposta di scambiare i relativi incarichi: il tentativo di seminare disordine nelle fiabe altrui fallisce miseramente. Le singole figure, chiarisce il Lupo, adempiono a una “missione” precisa e di conseguenza non è possibile alterarla: «Tu sei venuto qua a fare della confusione e niente altro. La nostra favola va avanti benissimo da secoli così com'è!». Poi Cappuccetto, con il tono di una noiosa maestrina, rifiuta di correggere il proprio tragitto:
Cappuccetto Rosso spiegò a Pinocchio che poteva arrivare con qualche minuto di ritardo, questo sì, ma che per forza doveva incontrare il Lupo e per forza doveva andare dalla Nonna perché così stava scritto nella favola.
Ne L’Universo in rivolta l’estro creativo consiste in tutto ciò che prima non c’era e che si pensava fosse irrealizzabile («quando inventano storie, i bambini sono registi che non si lasciano tarpare le ali dal senso», avvertiva sempre Walter Benjamin). Altrettanto giusta (prendendo a prestito le parole della studiosa Cristina La Bella) l’idea di una letteratura in forma di gigantesco, spassoso balocco da aprire e ricomporre a piacimento; sacrosanto, infine, il ricorso al pre-razionale, alla fantasia sfrenata, alla messa in discussione delle sicurezze date.
Un simile status torna utile a legittimare le trasgressioni narratologiche diffuse negli anni ’70: per Luigi Malerba, sostiene Cristina La Bella, «la rottura dell’ordine è l’opportunità per costruire qualcosa di nuovo», e lo scrittore «fa in modo che sia il lettore a dubitare e a mettere in crisi le proprie certezze». Un settore editoriale altamente ideologizzato, peraltro sorretto dal mercato, insisteva all’epoca sulla deriva “rivoluzionaria” di autori anche importanti. Prosegue La Bella:
Scompaginare la tradizione è il mestiere di Malerba, che al pari di Gianni Rodari, Tommaso Landolfi, Italo Calvino e Cesare Zavattini, rispolvera la favola d’autore, adattandola alla realtà contingente, rivitalizzando gli antichi loci comuni, reinventando, dove necessario, il linguaggio stesso.
Malerba conclude: «Se tutti rispettassero la
tradizione il mondo non farebbe mai un passo avanti!». Eppure, riconduce di
peso Pinocchio al capitolo da cui era fuggito, lasciando la trovata originaria alla
difficile fase della ricostruzione: «Ci vollero degli anni per rimettere in
ordine la favola del Gatto con gli stivali». La semplice volontà di
ribellione alle regole in uso, alla quale comunque si rende l’onore delle armi,
nulla può contro il canone secolare o millenario che impone il ristabilimento
della norma.
Ne L’Universo in rivolta, Alessandra Montali
e Manuela Testaferri muovono il racconto lungo binari analoghi. Di comune
accordo, dopo aver scardinato l’assetto cosmologico, spostato qua e là pianeti
e satelliti, costretto il vento e le nuvole a fungere da gregari agli astri
maggiori, restaurano lo stato antecedente. Ed ecco, dunque, delinearsi la sfumatura
specifica, il dato inedito del messaggio: non si tratta di un obbligato e
rigoroso ritorno al cliché
costituito, bensì di una sovversione vissuta e sperimentata nel concreto, poi trascurata,
direi “scartata”, per motivi ulteriori al mancato “funzionamento” del nuovo
ordine.
Nell’epilogo, infatti, subentra la delusione e il conseguente ripensamento. Il mitico Sole si ingegna invano nel conversare con le stelle («le quali però, per il caldo torrido che c’era, se ne stavano ben lontane») e la pensierosa Luna avverte lo stress del ritmo diurno («Tutti lo chiamavano e lo cercavano»), poiché subisce il curioso contrappasso di non riuscire a dormire per il frastuono, rovesciando su di lei la credenza popolare per cui il plenilunio ostacola il sonno della gente.
Sotto le apparenze, i soggetti in campo rimangono gli stessi. Nell’apologo della Montali l’enunciato provoca la crisi d’identità dei personaggi, infine decisi a ripristinare l’integrità dei rispettivi ruoli nel sistema del cosmo:
I due si guardarono lungamente e si abbracciarono. Poi uscirono dagli abiti che avevano addosso per riprendersi i propri: la calda veste dorata per il Sole e la fresca tunica argentea per la Luna.
Se la conclusione inscrive L’Universo in rivolta nel repertorio migliore
della favola con i suoi meccanismi di segni-segnali, la inquadra anche in un
moto dell’animo profondo, in una serie di considerazioni legate al pragmatismo personale,
alla propensione ad agire in un certo modo, all’impegno a far bene: in una
parola, alla volontà.
Tramite la parabola della Luna e del Sole, ritratti in taglio antropomorfico per un pubblico di giovanissimi destinatari, le autrici invitano a non distogliere lo sguardo dagli autentici obiettivi dell’esistenza:
Ognuno aveva imparato a conoscere un po’ dell’altro, ma aveva anche capito quanto fosse importante essere quel che si è.
Nella contro-fiaba di Raffaele La Capria, la bimba rimprovera la nota musicale sovvertitrice dell’armonia e degli accordi:
Dice il mio babbo che ognuno per tutta la vita non può che ripetere una nota, la sua, quella che lo distingue da tutti gli altri.
E di fronte alla diffidenza della minuscola interlocutrice, prosegue:
- - Vuol dire che non si può fare come te che salti di
qua e salti di là.
- - E perché no?
- - Perché… Perché devi volere una cosa sola!
- - Quale cosa?
- - Quella per cui siamo indispensabili!
Nel 1846, Søren Kierkegaard precisava che «si
può aver riconosciuto una cosa molte volte, si può averla tentata», ma avvisava:
«Non sfibrare il tuo spirito con desideri a metà e pensieri a metà!». E
concludeva: «Chi riesce a scegliere, a performare la propria volontà nella
direzione della purezza, “vuole una cosa sola”, ossia “vuole il bene”».
Anche per i simpatici protagonisti de L’Universo
in rivolta, la purezza del cuore risiede nel lottare e nel decidere di volere
una cosa sola.
LE AUTRICI
Alessandra e Manuela sono due
amiche che si sono incontrate quasi per caso un giorno di primavera di alcuni
anni fa. A legarle sono state la passione per la creatività e le storie belle
per i ragazzi.
Alessandra scrive prendendo
spunto anche dai suoi alunni e Manuela dipinge le righe, trasformandole in
capolavori a colori.
Il loro motto? Insieme si
vola!
Alessandra Montali vive a Chiaravalle (An) con un barboncino e due gatte. Docente di scuola primaria, è da sempre appassionata di lettura e scrittura. Socia fondatrice dell’associazione culturale Euterpe di Jesi, ha pubblicato diversi libri per bambini e partecipato a concorsi letterari ottenendo vari riconoscimenti. Scrive sempre in compagnia della musica.
Manuela
Testaferri ama il
mondo dei bambini e questo l’ha portata a coltivare l’interesse per
l’illustrazione d’infanzia. Formata alla scuola Comics, ha frequentato un
seminario sul libro illustrato a Sarmede, il paese delle fiabe. Per lei, dare
forma e colore alle immagini di un racconto dedicato ai più piccoli è, ogni
volta, un vero viaggio nella meraviglia e nello stupore.