Paola FORTINI – “Profumo in scatola” (racconto breve)
Guardi sconsolata il caos che
regna nell’armadio. È ormai arrivato il momento di rimboccarti le maniche e di
cercare di mettere ordine tra la montagna di vestiti che rischia di crollarti
addosso ogni volta che lo apri.
In mezzo a tutti quei maglioni e
pantaloni neri o comunque scuri, la scatola di tela bianca è facilmente
visibile.
Vorresti non aprirla e cerchi di
ignorarla, ma ora che tutti gli abiti sono sul letto in attesa di essere
piegati con cura e rimessi al loro posto, sul ripiano è rimasta solo la
scatola.
Lo sai che aprirla ti farà
perdere tempo. Lo sai che il contenuto ti riporterà nel passato e che sarai
avvolta da ricordi teneri e dolorosi. Lo sai già, ma la apri lo stesso.
Eccoli là: il pigiama grigio,
stropicciato e grinzoso, la vestaglia di nylon a fiorellini rosa, perfetta
perché il nylon non prende le pieghe, e il guanto lungo, da cerimonia, di pelle
finissima e bianca, traforato come a formare un ricamo sul dorso.
La mamma si era comprata quei
guanti per la tua prima comunione, tre anni prima di morire. Te ne rimane uno
soltanto. Lo prendi e, come fai ogni volta, provi a indossarlo. È piccolo ma la
pelle è così morbida ed elastica che alla fine riesci ad entrarci. Poi, con la
mano guantata, prendi la vestaglia e ci affondi il naso. Inspiri profondamente.
Lo conosci già l’odore che senti. È l’odore della mamma. Non è più così intenso
come lo era nei primi anni dopo la sua morte, quando tenevi la vestaglia con te
nel letto nell’illusione di averla ancora vicino, almeno di notte.
Sono passati quasi cinquant’anni,
e forse l’odore che ti sembra ancora di sentire è presente soltanto nel tuo
ricordo.
È il profumo della mamma quando
era già ammalata. Un misto di disinfettante e sapone palmolive. Era l’odore che
sentivi quando ti sdraiavi accanto a lei, ormai ferma a letto divorata dal
cancro, per farle vedere cosa avevi fatto a scuola.
Lei ti ascoltava stanca,
sforzandosi di partecipare ai tuoi racconti. Ti accarezzava e ti abbracciava e
tu venivi avvolta da quel suo profumo. Allora non ti piaceva molto. Quell’odore
di disinfettante la rendeva malata. Ti liberavi dai suoi abbracci e correvi a
rifugiarti tra le braccia della nonna o del babbo.
Loro ti dicevano di essere più
affettuosa con lei e di non scappare subito via, ma tu non ci volevi stare con
la mamma in quelle condizioni. Non volevi vederla così pallida e magra. Non la
volevi una mamma ammalata. Le mamme non si ammalano. Quelle delle tue compagne
stavano tutte benissimo.
Poi, l’ironia della vita ha fatto
sì che l’unica cosa che ti rimanesse a ricordo di lei fosse proprio quella
vestaglia leggera, impregnata del profumo della sua malattia, un profumo che ti
avrebbe fatto sentire in colpa per il resto della tua vita.
Ti sfili il guanto e lo riponi
insieme alla vestaglia nella scatola bianca. Ti annusi le dita alla ricerca di
quella leggerissima fragranza di lavanda che ricordi di aver sentito altre
volte. Ma non c’è più. Allora prendi il pigiama grigio e ripeti il rito. Lo
premi sul viso, lo strusci sulle guance e sul naso e finalmente lo senti.
L’odore di Valerio è ancora vivo. Era l’odore che sentivi, quando, specialmente
in inverno, ti stringevi a lui nel letto per riscaldarti. Quando gli mettevi i
piedi gelati tra le gambe e le mani sotto le ascelle e lui ti chiedeva se eri
ancora un essere umano oppure se ti eri già trasformata in rettile. L’odore
della sua pelle, mescolato a quello del dopobarba e del sapone di marsiglia che
usava sempre per lavarsi, ti riscaldava quasi quanto il calore del suo corpo.
Ti piaceva tanto addormentarti avvolta in quel profumo così caldo.
Avresti voglia di metterti a
letto e dormire abbracciata al suo pigiama, ma non lo fai.
Pieghi con cura il pigiama e,
mentre lo rimetti nella scatola, pensi che in fondo sarebbe bello avere
qualcosa che ti ricordi il profumo di tutte le persone che hai amato e che non
sono più con te. Hai foto e oggetti che te li ricordano, è vero, ma il profumo,
l’odore è qualcosa di diverso. È vivo, animato. È tridimensionale. Pensa che
bello se si potesse mettere sottovuoto il profumo della gente!
Ma guarda in che pensieri ti vai
a perdere. Hai un armadio vuoto e un letto con una montagna di abiti neri da
sistemare velocemente prima che i gatti li riempiano di peli.
Via via che li riponi
nell’armadio li annusi. Forse dovresti scegliere un maglione che profuma di te
e metterlo in una scatola sigillata. Forse tuo figlio sarà felice di averlo
quando non sarai più con lui. Chissà quali ricordi di te gli tornerebbero alla
mente annusando questo maglione nero.
Scacci i pensieri strani e le
tristezze e ti rimetti al lavoro.
Leone, che essendo cane di odori
se ne intende, annusa l’aria, inizia a scodinzolare e si precipita
nell’ingresso tutto felice. Lui percepisce il profumo delle persone che ama
anche attraverso i muri.
Un minuto dopo tuo figlio apre la
porta.
Paola Fortini, sessantenne, si è appassionata
alla scrittura traducendo dall’inglese racconti d’amore per una rivista. Scrive
prevalentemente storie autobiografiche. Nel 2016 pubblica alcuni racconti
nell’antologia Pezzo su pezzo edita
da Porto Seguro, insieme ad alcuni compagni di un laboratorio di scrittura
creativa. Nello stesso anno un altro suo brano viene pubblicato in una raccolta
a cura dell’Associazione culturale Small Room di Firenze. Esordisce nei
concorsi letterari partecipando alla terza edizione di “Incrociamo le penne”:
il suo racconto Profumo in scatola si
classifica al 1° posto nella sezione Narrativa.
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Lo scrittore, fotografo, cineasta
tunisino Marcel Hanoun, contemporaneo alla Nouvelle Vague, una volta ha
dichiarato: «Di tutti i sensi, l’odorato è quello che mi colpisce di più. Come
fanno i nostri nervi a farsi sfumature, interpreti sottili e sublimi, di ciò
che non si vede, non si intende, non si scrive con le parole? L’odore è come
un’anima, immateriale».
In effetti,
il profumo produce o è il frutto di un percepire, di
un gustare alquanto remoto da status materiali; inoltre incline, per legge
proustiana, a sperimentare sinestesia. Immateriale, dunque, a patto di ritenere di tale natura anche l’amore,
l’ispirazione, la paura, la felicità, il dolore. Il racconto di Paola Fortini
offre un momento prezioso di dedicata riflessione sull’animus dei lettori, verificando se collaborano o
meno nel decifrare - in virtù della
simbologia suscitata da questo olfatto evocativo - l’ampiezza dei segni/segnali
esatti e costruttivi di sensibilità molto concrete, veicolate però da elementi,
per così dire, impossibili da toccare,
perfino nel contesto illustrato in cui appaiono.
Cosa accade,
quindi, a lato della protagonista della vicenda, aprendo ciascuno la propria
scatola? Sappiamo dove si trova, e quando, con premura e timore, ne alziamo il
coperchio, allora di sicuro scaturirà, assai attesa, la forza di una vita
anteriore mai cancellata. Gli oggetti custoditi sono lì al completo: in realtà,
vorremmo fossero già nostri, ma purtroppo, a causa della singolare matrice
obbiettiva dell’esperienza di avvertire un profumo, non riusciamo a conquistarli da soli. Gli itinerari trapelati da
quell’essenza, in qualche dettaglio, non appartengono in stretta misura alla
sfera personale, nonostante siano motivati in un’intimità intensa al punto da
risultare permanente e immutata.
Il
linguaggio adottato dall’autrice, denso di quelle entità valutate in semiotica ad
“alto grado” significative, procede manifestandosi in un andamento progressivo,
per mezzo di unità semantiche patetiche e avvincenti, con l’intervento di un
travolgente scambio tra le componenti lessicali e il referente. Ad esempio:
«Inspiri profondamente. Lo conosci già l’odore che senti. È l’odore della mamma»,
oppure «Lo premi sul viso, lo strusci sulle guance e sul naso e finalmente lo
senti. L’odore di Valerio è ancora vivo».
Secondo il
filosofo danese Louis Hjelmslev, «qualunque segno, qualunque sistema di segni,
qualunque sistema di figure organizzate in funzione di segni, qualunque lingua contiene
in sé forma dell’espressione e forma del contenuto» (è ovvio, compreso anche il
sistema di comunicativo dell’olfatto). Tuttavia, per mala sorte, ciò non fa sì
che una tale scelta stilistica di cliché sensoriali, affettivi, ideali e
fisici, abbia il potere di sancire la sussistenza dell’hic et nunc richiamato. Del resto leggiamo, a proposito
della madre: «Sono passati quasi cinquant’anni, e forse l’odore che ti sembra
ancora di sentire è presente soltanto nel tuo ricordo» e, riguardo al marito:
«Ti piaceva tanto addormentarti avvolta in quel profumo così caldo. Avresti
voglia di metterti a letto e dormire abbracciata al suo pigiama, ma non lo
fai».
La Fortini
gestisce con maestria l’energia utopica e metalinguistica dell’immaginare e dell’immedesimarsi
compiuta tramite una fitta rete di segni e segnali consona a suggerire
aspettative, alimentarle e, con realistica e impietosa efficacia, tradirle: in
una mirabile dialettica intessuta nello slancio orientato verso l’esterno allo
scopo di recuperare e riconciliare l’animo con gli errori, i sensi di colpa, a
pari importanza con la felicità un tempo goduta in modalità legittime. Ne
deriva una struttura adeguata a individuare la via eccellente e articolata di
un ritorno all’immanente, in un mondo sorretto non da mere fantasie, nostalgie
o pure illusioni: al contrario, i significanti e significati esibiti sono
proficui per intrecciare l’impulso di desideri non inibiti nell’attuarsi - la
scomparsa e morte sono dati invincibili - essendo idonei, però, a proiettare,
tra una parola e l’altra, o negli intervalli e nell’avanzare del plot, un’aura giustificata dalla protagonista in
qualità di veri, probanti riflessi di
un vivere tuttora reale.
Dov’è il
mistero? Direi di trovarlo riposto nella dote dell’Io narrante di trasmettere
la pertinenza di una soggettività ricca di esiti di riferimento precisi, mai
fuorvianti, sebbene a contatto con oggetti ambigui, polivalenti, perché
collocati nell’interregno peculiare dell’essere stato e del divenire. È così che
Paola Fortini conferma quanto gli autori (nel caso commentato, autrici) siano
specialisti nell’associare (alludo allo schema logico-intuitivo del testo), nel
dissociare (i giudizi di conoscenza formulati) e nel ricomporre: ossia
dispongono, grazie allo spazio del Conscio, una costruzione o ricostruzione di nuove unità con requisiti per noi a sorpresa, per loro sperimentati
a lungo e nel segreto della mente, del proprio amore per l’utopia letteraria. E
per la vita. (c.b.)
Commento relativo al racconto “Un profumo tra i ricordi”
RispondiEliminaHo sempre pensato che la memoria olfattiva abbia qualcosa di quasi miracoloso: basta davvero poco perché angoli di mondo lontani dalle coordinate spazio-temporali del presente, o persone quasi sepolte nella nostra memoria, riacquistino all’improvviso tutta la propria “ fisicità”. Ma questo, quasi sicuramente, lo pensiamo tutti; non tutti però, siamo altrettanto capaci di vestire tale memoria con le parole leggere come un soffio e pesanti come il dolore, che compongono lo struggente racconto di Paola Fortini . Un racconto che assolutamente non può lasciare indifferenti, tanta è l’intensità del narrato e del legame affettivo che unisce la protagonista a persone scomparse per sempre dal palcoscenico della quotidianità, ma vive per sempre dietro le sue quinte, grazie alla scia , in parte vera e in parte quasi immaginaria, dei loro profumi. Profumi non sempre gradevoli, ( il disinfettante nel caso della madre) ricordi non propriamente piacevoli ( presumibilmente la perdita del compagno di vita), ma indispensabili per prolungare l’esistenza di chi è rimasto con lei ben più a lungo dell’arco temporale condiviso nella realtà. La capacità dell’autrice di toccare con il suo racconto le corde più sensibili della nostra emotività è notevole: lo fa con un tocco impalpabile ed insieme profondo: certo non è un testo che si possa facilmente dimenticare.
Rossella Cipressi
Grazie anche da parte mia per il commento appropriato.
EliminaGrazie Rossella per il suo commento. Tutto questo è emozionante.
EliminaIl Profumo e' anche, se non erro,un' opera cinematografica.Quante volte un profumo riconduce ad un ricordo..D'Annunzio amava profumarsi,lo fecero anche le donne egiziane,romane..Il profumo conduce la mente a ricordi che solo il subbconscio,anche dopo anni,fa riaffiorare...Ecco,in questa opera leggera e garbata l' autrice ci conduce a ricordi da lei vissuti,ma che si intonano appieno con la nostra vita...Ebbene,uno dei profumi per me piu' carezzevoli per l'anima mia..E' l' odore nell' aria..Della pioggia..Dopo un temporale estivo,al mare...
RispondiEliminaGrazie, Valentina, per questa nota vagamente leopardiana.
EliminaHo passato alcuni giorni a cercare le parole più appropriate a esprimere la mia gratitudine per aver pubblicato il mio breve racconto sul suo blog e per la profonda analisi che ne ha fatto.
RispondiEliminaNon le ho trovate. Le invio soltanto il mio più sentito grazie. Grazie per aver visto oltre le mie parole. Davvero con tutto il cuore.
Grazie a te, Paola. Speriamo tu gradisca essere di nuovo ospite, nel tempo, sul mio blog.
EliminaA presto.
Bellissimo racconto! Intimo, intenso, profondo ma scritto in modo leggero, in modo che il sentimento affiora immediatamente a rapire e coinvolgere il lettore. Complimenti sinceri!
RispondiEliminaGrazie, Daniela, per aver evidenziato questa leggerezza impegnativa.
EliminaGrazie Daniela.
EliminaOmniamundamundis è Daniela Vigliano
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