“Pages” di Enzo BALDAZZI - “Il grande Gatsby” di
Francis Scott Fitzgerald
Francis Scott Fitzgerald - ll grande Gatsby (1925)
Fitzgerald
può essere quasi sicuramente definito una sorta di antesignano della critica al
Sogno Americano. Quanto ne fosse consapevole non risulta chiaro. Spesso nei suoi
libri si percepisce il tentativo di evadere dalla realtà: sullo sfondo però è sempre
presente, come in attesa o in agguato, la tragedia. È spietato nella critica
della ricchezza e di chi la rappresenta, eppure ne è attirato in modo
inesorabile: lui che ha vissuto durante la Jazz Age, ed è a tutti gli effetti
un rappresentante della Lost Generation.
Dove
il Jazz, con il suo ritmo, rappresenta un cambiamento rispetto al passato, una
sorta di emancipazione dalle regole della società, e di conseguenza una rottura
nella visione delle classi sociali, lì Fitzgerald è efficace nell’interpretazione,
ma confuso nella disamina complessiva di un momento storico. Non traccia una
linea ben definita, mostrandone i confini sfumati, senza lasciar riconoscere
dove si collochi l’autore.
Il grande Gatsby è l’esplicazione della mancanza di valori,
dell’astrazione dalla componente spirituale a favore di una ricerca del
materiale, dove la ricchezza sembra sia tanto mezzo che fine. In realtà è
l’assoluta condanna, la certificazione di un fallimento della componente più
onirica della società statunitense: il Sogno Americano, per l’appunto. Non
esiste, forse non esisterà mai, una società priva di divisioni che permetta a
chiunque di elevarsi al di sopra delle proprie possibilità alla nascita. Questo
è uno dei moniti principali del romanzo.
Jay
Gatsby si presenta come un uomo ricco di fascino, con la magia a portata di
mano; ma dietro la facciata si nasconde una realtà crudele, in una vita basata
sulle bugie. Emerge in un mondo di bugiardi dove si trova lui stesso, eppure
alla fine risulta forse il più onesto di tutti. Con lo scorrere delle pagine
diventa evidente come ogni personaggio venga messo sempre più a nudo, in modo
impietoso. Fitzgerald non fa prigionieri.
…pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che
individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta
strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli
sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già
alle sue spalle…
Scritto
in una prosa elegante, Il grande Gatsby
racconta l’impossibilità di amare, almeno per chi è perso nella ricerca dei
beni materiali. Un dipinto che è anche uno specchio della vita dell’autore in
persona. A mio avviso, non trapela alcuna speranza in un domani migliore, ma
solo il tentativo più o meno riuscito di smascherare una grande menzogna.
Per la sua nuova traduzione, Franca Cavagnoli ha ricevuto
nel 2011 il premio Von Rezzori.
Francis
Scott Fitgerald
Il
grande Gatsby
trad. Franca Cavagnoli
Milano, Feltrinelli, Collana Universale
economica. I classici, pp.230
Nessun commento:
Posta un commento