venerdì 2 marzo 2018

Umberto Donato DI PIETRO – Una bella serata (racconto breve)







Le strade erano deserte e, per quanto fosse quasi l’una di notte, si avvertiva un’afa irrespirabile. Tornavamo da una festa, organizzata da comuni amici. Era una ragazza stupenda, conosciuta per l’occasione. Due smaglianti occhi verdi, un nasino alla francese. Bellissimo il disegno della sua bocca, con labbra rosse, moderatamente carnose. Una folta capigliatura, di colore corvino, che lasciava scendere fino ai glutei.
Ci fermammo a bere a un “nasone”, così vengono chiamate le fontanelle a Roma:  la sua acqua fresca calmò un poco la nostra arsura.
Giunti in prossimità della mia abitazione, dove aveva parcheggiato la sua macchina, le chiesi se volesse salire.
Accettò molto disinvoltamente. Salimmo i tre piani a piedi, perché a causa di lavori elettrici, nel palazzo avevamo un abbassamento di tensione, non sufficiente a far funzionare l’ascensore. La guardavo salire e ammiravo il suo corpo armonioso. La mia mente immaginava una notte da sogno.
Appena entrati nell’appartamento, si guardò intorno e, molto garbatamente, mi fece notare il disordine che regnava, libri sparsi ovunque, qualche filo impercettibile di polvere.
Malgrado la luce soffusa, che dava quasi una penombra, riuscì a notare il tutto.
Mi giustificai, dicendo che la colf era in ferie. Rimase, comunque, colpita dall’arredamento molto sobrio e dal colore rosa pallido delle pareti.
Mentre si toglieva lo scialle, mi disse:
- Molto accogliente questo tuo appartamento. Vivi solo? Non hai una compagna?
- Vivo solo, non ho una compagna. E tu, Silvia, hai un compagno?
- Lo avevo fino a qualche mese fa, non proprio un compagno, perché lui è sposato ed approfittiamo a vederci quando la moglie non c'è, succede per tutto il periodo estivo. Continuiamo comunque a frequentarci, seguiamo insieme un percorso spirituale che abbiamo intrapreso, abita in altra città e vado spesso da lui, mi fermo anche a passarci la notte.
Rimasi alquanto interdetto, poi le chiesi:
- Vuoi dire che dormite insieme, come due buoni amici?
- Ma certo, quando una relazione finisce è finita. Solo buoni amici! Facciamo un percorso che prevede anche del sesso. È scattato il desiderio e l'affetto amicale e niente più. Poi, ad un certo punto, abbiamo deciso di esplorare questo mondo di desideri, diciamo nascosti fino ad allora, sempre per via dei condizionamenti sociali, per sperimentarli, come dire, esorcizzare la potenza del proibito nella nostra vita e anche poi alla fine godere. Molto spesso anche in promiscuità.
Sinceramente ero così perplesso da non riuscire ad esprimere un qualsiasi commento.
Poi continuò:
- Voglio essere franca con te, capisco la tua incredulità. Quando la relazione era finita, mi misi con un'altra persona piena di ubbie, non riusciva a capacitarsi che io andassi a trascorrere la notte con il mio ex ragazzo. Gli dissi, anche, quello che effettivamente succedeva nei nostri incontri. Si mostrava geloso. Non riusciva a comprendere quelle nuove esperienze che stavo acquisendo, che arricchivano il mio bagaglio spirituale. Dopo tante discussioni, decidemmo di andare ognuno per proprio conto.
A questo punto, non potei fare a meno di esprimere la mia opinione:
- Scusa, Silvia, se metto il dito nelle tue cose, ma questo tuo ultimo ex, è questo che tu mi stai raccontando che non capiva? perché mi hai detto di una sua ubbia mentale, ma tu veramente pensi che ci sia un uomo al quale dici “domani vado a dormire con tizio”, e lui ti abbracci? ma vivi veramente nel mondo dei sogni? non pensi quanto possa aver sofferto nello scoprire quel tuo, a parer mio, ignobile comportamento?.
Mi guardò alquanto interdetta e proseguì:
- Intanto un uomo così l'ho conosciuto, ma certamente è e rimane come una mosca nel latte, come si dice dalle mie parti. Non vivo nel mondo dei sogni, io ho noia degli umani. Non ne posso più delle menate della gente, che sono soltanto espressione di paura ed egoismo ipertrofico. Non vogliono più sentir parlare di comprensione verso gli altri, ma soprattutto verso se stessi! Molto più comodo, vivere con quello che hanno trovato stabilito, molto più comodo fare come tutti gli altri, molto più comodo non pensare, non ne posso più!
Mentre parlava, con molta veemenza e a voce alta, vedevo il suo viso cambiare di espressione, quasi a diventare cattivo. Non sembrava più lei.
Avevo quasi il terrore che qualche vicino potesse sentire ed allarmarsi, visto il silenzio che regnava sempre nella mia casa.
Poi, con voce sempre più agitata, incalzò:
- Io non sono così, non lo sono mai stata e mai lo sarò. Io voglio riscoprire, fino in fondo, che cavolo è questa vita che vivo! Non voglio rimanere a cullarmi sulla superficie, come una turista al mare. Non voglio essere una turista nella vita, voglio viverla, conoscerla e comprenderla fino in fondo! Ecco questa sono io.
- Silvia, vorrei dare un giudizio su di te, forse sbagliato, forse no, senza che tu ti offenda. Amo parlare chiaro, a me dai l'impressione di persona presuntuosa, dotata di un cinismo ineguagliabile! Sì, cinica, tanto da non volerti nemmeno come compagna di banco!
Feci seguire la frase da una sonora risata, anche per smorzare un poco la pesante atmosfera che si era venuta a creare.
Visto il suo stupore, dopo simile affermazione, incalzai:
- Mi spiego meglio: non puoi erigerti a paladino di comportamenti che non sono usuali, solo perché è tua convinzione!
Sempre più irata, rispose:
- Io il dolore lo conosco fin troppo bene, per non prenderlo in considerazione. L'ho attraversato in tutte le sue espressioni, non puoi certamente accusarmi di questo. Abbiamo parlato troppo poco, nulla sai di me e della mia vita, per giudicare quello che dico, che è il risultato di lunghi anni di osservazione di me stessa e degli altri, in situazioni veramente difficili, cercando di comprendere il motivo dei vari comportamenti. Troppo poco mi conosci, per sapere qual è la molla che mi fa muovere e il desiderio più profondo che ho dentro. Riconoscere e vedere il dolore di una persona, non vuol dire assolverla. Comprendere, non vuol dire non avere più la capacità di vedere la situazione obiettivamente. Questo tuo giudizio mi ha ferito, perché di difetti ne ho certamente, ma nessuno mi ha definita cinica e presuntuosa, semplicemente perché non lo sono affatto. Ma non è questo che mi ha fatto male, ma il fatto di non essere capita.
- Silvia, vorrei completare il mio giudizio su di te, ma, mi fermo qui, sarebbe un giudizio molto pesante, che tu ribatteresti con le tue inaccettabili tesi. Inutile che tu mi voglia convincere del contrario, ma chi si comporta come te...
Non mi fece completare la frase e sbottò: - Pensi che io sia una poco di buono!
- Sì, è quello che penso! Io agirò forse nel modo stabilito, come tu lo definisci, ma la fedeltà e l'onestà nei rapporti affettivi, e non solo in quelli, rientra nei miei principi, in tutto il mio agire. Non riesco a comprendere come stare con un compagno e fare sesso con altri, anche in promiscuità. Io ho, in effetti, pensato di definire il tuo ignobile comportamento, come tu giustamente mi hai preceduto nel sentenziare. Non so se tu ti sia aperta con altre persone, su questo tuo agire che chiami “percorso di perfezionamento”. Se lo hai fatto, penso che ognuna di esse abbia pensato e giudicato come io ho fatto. Sono dell’idea che tu abbia necessità, non di percorso formativo, ma delle attenzioni di uno psichiatra!
Ciò detto, non profferì parola, si alzò di scatto, nera in volto, prese la borsa e il suo scialle e si avviò alla porta.
- Silvia, aspetta, ti accompagno!
- Grazie no, non ne ho bisogno!
Uscì quasi correndo. Sentii i suoi passi risuonare nella tromba delle scale.
Qualche vicino si sarà senz’altro chiesto cosa mai fosse successo nel mio appartamento quella sera.
Mi affacciai alla finestra, la vidi fare una manovra nervosa e avviarsi facendo stridere gli pneumatici.
Rimasi, per qualche tempo, a pensare a quella nostra discussione. Un fugace dubbio mi ronzò per la mente: e se avesse ragione?
Quello che fu, di certo la bella notte di sogno era sfumata! Era rimasto il soave aroma del suo profumo.
Non la rividi più.



Il musicologo Piero Rattalino immagina, in uno dei suoi saggi, un dialogo tra due donne della metà del milleottocento molto diverse tra loro: da una parte la fine pianista Clara Wiecks-Schumann, moglie del noto compositore Robert Schumann; dall’altra l’audace scrittrice Aurore Dupin-Dudevant, meglio nota con lo pseudonimo maschile di George Sand. Quel che rende una conversazione immaginaria tra le due donne interessante, al di là dell’interesse storico artistico, è la visione diametralmente opposta dei valori di vita che le due hanno lasciato nelle loro testimonianze. George Sand ebbe numerosi amanti, disprezzava apertamente il clero, divorziò in un’epoca dove farlo significava macchiare di scandalo sé stessi e la priopria prole, si vestiva da uomo e fumava il sigaro durante incontri formali; la Signora Schumann dedicò la vita al marito, da pia cristiana rimase a lui vicino affrontando con stoica pazienza i disturbi mentali dai quali egli era affetto, tanto gravi da portarlo al suicidio, e interruppe la sua attività di compositrice nonostante la notorietà e la brillante carriera pianistica, sacrificando quindi parte del suo talento in modo da dedicarsi completamente ai numerosi figli.

Serenamente, Clara Schumann arrivò al punto di dichiarare in alcune lettere che le donne sono intellettualmente inferiori agli uomini. Tale affermazione era sicuramente meno sconvolgente in quel secolo di quanto lo sarebbe se fatta oggi; ma non era da darsi per scontata: a quel tempo si stavano accendendo i primi fuochi delle battaglie per la parità dei diritti per le donne, e George Sand può appunto considerarsi una delle sostenitrici di queste lotte. Tra l’altro, la Signora Schumann aveva superato molti dei suoi colleghi maschi: il suo successo come pianista durò per molti anni, molto più a lungo di molti altri uomini, dimostrando con i fatti il grande e duraturo contributo che le donne possono dare all’arte e alla storia. A nostro avviso, le parole della Signora Schumann nascono da un forte desiderio di appartenenza all’ordine e al senso della comunità imposti dalla tradizione, che posizioni diverse avrebbero messo in discussione.

Non sapremo mai se le due ebbero modo di parlare approfonditamente, come nell’immaginazione di Rattalino. Non sapremo mai nemmeno se esse parlarono di sesso. Tuttavia possiamo immaginare che se mai fosse accaduto, pur con toni meno espliciti dati i canoni del tempo, il dibattimento sarebbe stato acceso in maniera simile a quanto riportato nella conversazione raccontata da Umberto Donato Di Pietro: posizioni forti e giudizi diretti. Forse una delle due donne avrebbe lasciato la stanza e sarebbe andata via trafelata (non in macchina, certo; in una più scenografica carrozza, probabilmente).

In ogni caso, le due donne rappresentano due volti di un’epoca che stava cambiando: ai tempi della restaurazione, una donna guardava al passato classista e monarchico, dove il ruolo della donna e del sesso era rinchiuso in rigide regole; l’altra guardava al futuro delle lotte di classe e degli ideali di democrazia, dove il ruolo della donna e del sesso sarebbe divenuto fluido e sarebbe stato messo in continua discussione.

Quando il protagonista di questo racconto si domanda se la donna di moderni costumi possa avere ragione, forse la domanda di fondo rimane: possiamo affermare che il presente di totale libertà dei fugaci rapporti umani, dove il sesso è praticato come libero intrattenimento senza pregiudizi e al di fuori dei legami sentimentali, è il progresso rispetto al passato di rigorosa categorizzazione di duraturi rapporti umani, dove il sesso era praticato come un atto segreto e intimo tra due individui che si dovevano intransigentemente dimostrare l’un l’altro la forza dei loro sentimenti, prima di concedersi? (matteo tonnicchi)





11 commenti:

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  3. Interessante dialogo sia fra le due signore ottocentesche che quello ambientato in tempi moderni. Sono del parere che ogni epoca affronti il sesso a modo suo ma soprattutto ognuno di noi lo affronta secondo se stessi, la propria natura, educazione, valori....Credo che il modo di vivere della ragazza sia più una presa di posizione verso la società in genere che un “sentito percorso di perfezionamento”.insomma credo che voglia sbalordire.

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    1. Sì, in effetti pare anche a me, Mapi, che Silvia voglia sorprendere soprattutto se stessa, trasgredendo persino il valore stesso eversivo del suo andare oltre.

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  4. Umberto, ma non sarà mica una storia vera e autobiografica? Magari come L'ora del cojone in romanesco che ricordo bene e mi è piaciuto molto. Ciao Fabrizio

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    1. Caro fabrizio,gira che te rivorta, que l'ora po' passà pe' tutti. Ciao

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  5. Riporto qui sotto il commento inviato dall'amico scrittore Charles Mec Charles, che ringrazio per l'intervento:

    Ottima scelta, quella del racconto di Umberto Donato Di Pietro.
    Legato ad una concretezza che va oltre l'ipocrisia, ruvido e tagliente come la realtà. Come ottimamente afferma nel corsivo Matteo Tonnicchi, siamo timorosi nel guardare i retaggi del passato. Esprimo il mio giudizio positivo: nessuno deve essere obbligato a pensare o agire in un certo modo e perché, nella fattispecie, di nessuno lede l'onore, se non, forse, al consorte dell'amante. Modi di pensare e di agire che tanto ci accomunano.
    Diceva qualcuno: 


    Ho visto 
    la gente della mia età andare via 
    lungo le strade che non portano mai a niente, 
    cercare il sogno che conduce alla pazzia 
    nella ricerca di qualcosa che non trovano 
    nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate, 
    lungo le strade da pastiglie trasformate, 
    dentro alle nuvole di fumo del mondo fatto di città, 
    essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà 
    e un dio che è morto, 
    ai bordi delle strade dio è morto, 
    nelle auto prese a rate dio è morto, 
    nei miti dell' estate dio è morto... 
    Mi han detto 
    che questa mia generazione ormai non crede 
    in ciò che spesso han mascherato con la fede, 
    nei miti eterni della patria o dell' eroe 
    perchè è venuto ormai il momento di negare 
    tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, 
    una politica che è solo far carriera, 
    il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, 
    l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto 
    e un dio che è morto, 
    nei campi di sterminio dio è morto, 
    coi miti della razza dio è morto 
    con gli odi di partito dio è morto... 

    E qui mi fermo. Perché il testo di Guccini parla di una bellissima speranza mai divenuta realtà.

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  6. Sono poche, le volte, in cui si riesce a resistere all’attrazione del sesso. Rileggendo il mio racconto, trovo un senso di pudore, quasi di tristezza, nel commentare il duro comportamento del protagonista maschile. In tutta sincerità, io mi sarei comportato in modo diverso, accettando le tesi della donna. Ma, questo, sarebbe stato puro egoismo, sopprimendo quello che, la parte razionale del mio animo, suggeriva. Grazie a tutti, per aver voluto esprimere le vostre considerazioni.

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  7. Il racconto, ad una prima lettura mi è sembrato piuttosto banale e superficiale (soprattutto mi ha infastidita la descrizione di lei troppo coincidente con il cliché tipico della donna bella e appetibile ; invidia? Può essere, anche se fino a qualche anno fa nemmeno io ero proprio da buttar via).Poi l’ho riletto con attenzione, e da questa rilettura sono scaturite riflessioni di diversa natura. Soprattutto mi sono posta delle domande sulla natura e la personalità dei due protagonisti. Tutto nasce da un incontro occasionale;i due si piacciono e le prime battute inducono l’aspettativa di un rapporto occasionale, di quelli che non lasciano tracce. Poi la situazione si ingarbuglia e precipita rapidamente. La donna si confessa senza remore e l’uomo allibisce di fronte alla sua “sfrontatezza”. Cosa dire dunque dei due personaggi? Lei nel rivelare la propria disinibita vita sessuale, afferma di non voler vivere la vita solo in superficie ed io , pur nella ferma convinzione che ciascuno di noi può vivere il proprio corpo come meglio gli aggrada purché l’altro o l’altra siano maturi e consenzienti, mi chiedo: voler vivere la vita non in superficie ma seguendo tutte le sue infinite sfumature, significa proprio voler esplorare tutte le dimensioni della propria sessualità? O solo quello? Mi sembra un’opinione piuttosto riduttiva. Lui si scandalizza, resta allibito di fronte alla palese disinibizione della donna, reagisce in modo così “violento” da allontanarla. Se fossi una vetero - femminista, potrei pensare che la reazione dell’uomo è dettata dal fatto che non perdona ad una donna ciò che riterrebbe perfettamente lecito in un uomo. Ma non lo sono, quindi mi pongo degli interrogativi: reagisce così perché animato da pregiudizi? Perché teme di non essere all’altezza della situazione? O semplicemente , perché pur non avendo nulla contro una notte di sesso “sic et simpliciter”, non gli va di avere accanto una sorta di oggetto sessuale in cui fatica a rintracciare una dimensione “altra”, meno aderente alla pura sessualità? Insomma resta l’enigma iniziale: queste due figure umane, sono da apprezzare o da condannare? E nelle righe di fine racconto, quando si sottolinea la persistenza del “soave aroma del suo profumo” nella stanza , è lecito avvertire una nota di pentimento? In ultima analisi, il racconto non mi ha entusiasmato , ma mi ha dato modo di riflettere, e credo che tutto ciò che offre questa opportunità vada in qualche modo apprezzato.

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    1. Grazie per il tuo contributo Alice di Paolo.
      Come dici tu, resta l'enigma iniziale "apprezzare o condannare"?
      Ognuno ha una risposta per sé, nessuno ha una risposta per tutti

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