venerdì 26 gennaio 2018


Cinzia BALDAZZI - “Radici”: i vincitori del concorso di Olevano Romano

 

Iacopo Milana legge le motivazioni
 


«I nostri luoghi d’origine sono le nostre radici più salde, quelle dure, quelle radiche radicate, che arrivano a dare forza alle nostre chiome e ci permettono di essere, di esistere e di essere noi: quello che siamo. Ognuno può scegliere strade diverse, più vicine o più lontane, più comuni o più bizzarre, ma io credo che sapremo sempre trovare la strada di casa, la strada delle nostre radici appunto, e saremo sempre certi di avere un nostro nido sicuro e sereno, molto spesso rifugio contro le brutture del mondo».

A parlare è Iacopo Milana, insegnante e poeta, ideatore del 1° Concorso Letterario per Poesie e Canzoni” dedicato al tema Radici. Tra appartenenza e distanza e organizzato dall’Associazione Culturale J@M in collaborazione con il Comune di Olevano Romano, la Biblioteca comunale e l’Associazione Santa Maria di Corte. La cerimonia conclusiva si è svolta pochi giorni fa nella Sala degli Archi del Castello Colonna di Olevano Romano, con la partecipazione della giovane pianista Giorgia Cecconi.

Tema difficile, controverso, attualissimo, su cui sono stati chiamati a esprimersi autori di poesie in lingua e in dialetto. Qui di seguito l’elenco dei vincitori e dei menzionati:

 

 

VINCITORE SEZIONE ITALIANO

Alessandra Giallatini con Il Mio Paese.

 

VINCITORE SEZIONE DIALETTO

Danilo Moretti con Quante Nau Passate.

 

MENZIONI FINALISTI NON VINCITORI

Luca Falanesca con Io che t’ho amato sempre.

Alessia Pavoni con Radici.

Costantino Tabolacci con Le Quattro Cannelle.

Piero Lanciotti con N Paese

 

MENZIONI DI MERITO 

Flavio Pietrasanta con Pace dei Sensi

Loredana Manciati con Piccola Memoria

Domiziano Maisti con Alla fiera de Varmondo’

 

 


Questa la composizione della giuria: Iacopo Milana, ideatore del concorso, docente, poeta e scrittore; Valentina Rocchi, assessore alla Cultura del Comune di Olevano Romano; Cristina Censi, vice-presidente dell'associazione J@M e tesoriere del Comitato di gestione della Biblioteca Comunale; Antonino Milana, scrittore teatrale per testi in italiano e dialetto; Maria Annunziata Foschini, studi italiani e artistici, proprietaria della libreria Libera...mente.

«Era inevitabile non dedicare questo I Concorso per Poesie e Canzoni al tema delle Radici», spiega Milana: «Soprattutto in tempi come quelli di oggi, dove gli esseri umani sono sradicati dalla loro vita e dalle loro appartenenze. In questi poeti, o gente comune che per un attimo ha voluto indossare questi panni e che ha partecipato al concorso, si sente forte e chiaro quel senso di appartenenza richiesto dalla tematica». E conclude: «Anche se, ormai, la vita è talmente frenetica e vorticosa che spesso porta a dimenticare da dove veniamo, da dove nasciamo, da dove siamo partiti e dove torneremo un giorno, si nota che quel senso di appartenenza ancora esiste». 

 


Nel corso della cerimonia è stata posta l’attenzione «su un tema al contempo intimo e collettivo, storico e attuale», ovvero il radicamento dell’essere umano nella terra di origine. «È il destino di intere generazioni», spiega Cristina Censi, vicepresidente di J@M, «uomini e donne che, per scelta o per necessità, lasciano la terra d’origine, della quale però conservano indelebile il ricordo».

Nell’antologia pubblicata - con le immagini di Alessandro Maria De Matti - sono stati raccolti i testi maggiormente rappresentativi dell’argomento: «Quello che rende queste poesie vivide», prosegue Iacopo Milana, «è il fatto di essere accomunate dallo stesso sentire, che ognuno di noi ha dentro e vive quotidianamente per le strade del proprio paese o nella sua storia. Si vivono le stesse emozioni e si condividono i medesimi pensieri. In queste poesie, legate insieme dalla tematica prescelta, esiste ancora quel sentire comune che esce dall’anima di qualcuno e si intufola dolcemente nell’anima di qualcun altro». 

 


Qui di seguito riportiamo i due testi vincitori, ciascuno seguito dalla motivazione espressa dalla giuria.

 

Vincitrice sezione italiano

ALESSANDRA GIALLATINI

 

IL MIO PAESE 
Si nasce,
si nasce per necessità,
si nasce per ordinarietà,
si nasce per amare.
Si nasce per vivere, per soffrire, per gioire, si nasce per morire.
Ovunque nel nostro destino siamo nati per cogliere l’essenza del nostro momento.
Ogni momento è vita, ogni sguardo, ogni attimo…
Camminiamo, ci incoraggiamo, ci sosteniamo per vivere attimi di felicità ovunque.
Ogni attimo di spensieratezza porta in un luogo vero, familiare, vivo,
un luogo chiamato ‘il mio paese’.
Un luogo fatto del mio mondo, il mio nido sicuro.
Il mio Paese è ricordo, è famiglia, è passato, è amicizia,
il mio Pese è qui, le mie radici sono qui, tra profumi, i capelli color argento, le cicatrici,
e poi silenzi.
Radici dei miei figli nati nel mio Paese.






 

MOTIVAZIONE - Con uno stile prosastico, l’autrice descrive e ci regala il suo pensiero e il suo sentire. Si avvertono il senso di appartenenza, il vivere la vita con le sue mille sfaccettature al sicuro nel luogo natio, come un nido sicuro, che sembra quasi non essere cambiato nel tempo.

Invece, il tempo è trascorso, ma anche dopo il passare delle generazioni, si avverte ancora forte il senso del legame. Il tutto attraverso uno stile semplice, diretto e chiaro, che permette al lettore quasi una sorta di dialogo con chi racconta.

  
Danilo Moretti e Alessandra Giallatini


 
Vincitore sezione dialetto
DANILO MORETTI
 
QUANTE NAU PASSATE
 
Ci n'hà passata d'acqua a gliu pontacciu
da quanno ci sbattevanu quà stracciu,
sicuru su na ottantina d'anni
da quanno recconcevanu i panni.
N'ci stevanu cazzù senza pezzole
e agli zenali delle riazzole
e puro pe le scarpe era n'dannu
se propo jeva bè na vota iannu.
Allora nonno miu me recconteva
la fame guasi sempre i cerneva,
e sempre nonno co lo reccontà
diceva ch'era tuttu nt'ribbulà.
Se propo unu steva disastratu
quaccosa ghi lo deva u vicinatu,
la fratellanza allora ancora c'era.
la gente se pur povera, era vera:
A notte se spulleva porco monno,
cusi na vota agl'ettere era giorno.
Zappa alla spalla e pronti a lavorà,
e gliu pinziru; sempre allo magnà,
che dici ca la fame ghi mancheva,
la pizza raniturcu gni basteva
tutta la di piegati a regazzà,
co mèsa boccia vinu e m'pù de pà.
I riazzitti stevanu alla presa
e pe fagli magnà era un'impresa,
cudi ci steva l'ora la poppata
gni tantu se ficeva dà zinnata.
I pianti dio ne scampe pe la tera,
n'ci steva timpu mancu a usà la sdera;
e lassa piagne chissu chi ghi fà,
ca prima u duppu sà da reppragà:
Dapù quann'era l'ora de lo mede,
ca bia a recordallo nci se crede,
tutta l'annata sana a lavorà
e chello che veneva affà metà.
Veneva iu fattore barberini,
co i cazzuni a tubo e pedalini,
semmai no gli fregheva a sbelancià;
diceva ca era issu a commannà.

 

MOTIVAZIONE - Nel testo emerge il passato, in maniera piena e, in uno scambio di ricordi tra nonno e nipote, si rivive una tipica giornata di tempi andati. Emergono immagini legate alla zona geografica, alle tradizioni, al cibo, alle attività e al vissuto quotidiano di un tempo quasi lontano lontano nel tempo, ma per alcuni ancora attuale. Un passato caratterizzato anche da valori come fratellanza, semplicità e rispetto. In un testo realizzato in quartine con rima baciata, emerge tutto il folklore e il legame ancora forte e vivido con le origini e le proprie radici.

 

 

  

 

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