domenica 21 gennaio 2018


“Pages” di Enzo BALDAZZI - “Il grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald
 


Francis Scott Fitzgerald - ll grande Gatsby (1925) 

Fitzgerald può essere quasi sicuramente definito una sorta di antesignano della critica al Sogno Americano. Quanto ne fosse consapevole non risulta chiaro. Spesso nei suoi libri si percepisce il tentativo di evadere dalla realtà: sullo sfondo però è sempre presente, come in attesa o in agguato, la tragedia. È spietato nella critica della ricchezza e di chi la rappresenta, eppure ne è attirato in modo inesorabile: lui che ha vissuto durante la Jazz Age, ed è a tutti gli effetti un rappresentante della Lost Generation.
Dove il Jazz, con il suo ritmo, rappresenta un cambiamento rispetto al passato, una sorta di emancipazione dalle regole della società, e di conseguenza una rottura nella visione delle classi sociali, lì Fitzgerald è efficace nell’interpretazione, ma confuso nella disamina complessiva di un momento storico. Non traccia una linea ben definita, mostrandone i confini sfumati, senza lasciar riconoscere dove si collochi l’autore.
Il grande Gatsby è l’esplicazione della mancanza di valori, dell’astrazione dalla componente spirituale a favore di una ricerca del materiale, dove la ricchezza sembra sia tanto mezzo che fine. In realtà è l’assoluta condanna, la certificazione di un fallimento della componente più onirica della società statunitense: il Sogno Americano, per l’appunto. Non esiste, forse non esisterà mai, una società priva di divisioni che permetta a chiunque di elevarsi al di sopra delle proprie possibilità alla nascita. Questo è uno dei moniti principali del romanzo.
Jay Gatsby si presenta come un uomo ricco di fascino, con la magia a portata di mano; ma dietro la facciata si nasconde una realtà crudele, in una vita basata sulle bugie. Emerge in un mondo di bugiardi dove si trova lui stesso, eppure alla fine risulta forse il più onesto di tutti. Con lo scorrere delle pagine diventa evidente come ogni personaggio venga messo sempre più a nudo, in modo impietoso. Fitzgerald non fa prigionieri.  

…pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all'estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle… 

Scritto in una prosa elegante, Il grande Gatsby racconta l’impossibilità di amare, almeno per chi è perso nella ricerca dei beni materiali. Un dipinto che è anche uno specchio della vita dell’autore in persona. A mio avviso, non trapela alcuna speranza in un domani migliore, ma solo il tentativo più o meno riuscito di smascherare una grande menzogna.  

Per la sua nuova traduzione, Franca Cavagnoli ha ricevuto nel 2011 il premio Von Rezzori.

Francis Scott Fitgerald
Il grande Gatsby
trad. Franca Cavagnoli
Milano, Feltrinelli, Collana Universale economica. I classici, pp.230
 
 

 

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